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Io non ci trovo nulla di scandaloso nel fatto che una donna decida di portare con sé il suo bambino, quando intraprende un importante viaggio di lavoro.

Poi, nel mondo c’è chi viaggia in prima classe, su un volo di Stato, e chi, invece, è costretto a rischiare la vita salendo su un barcone.

Ma questi, a ben vedere, sono dettagli.

18.11.2022

La terra è di tutti.
Restiamo umani.

Sia chiaro: io qui non sto alimentando alcuna polemica.

Sto semplicemente solidarizzando con la madre nella foto – come farebbe qualsiasi donna, madre, cristiana al mondo.

O no?

Una lacrima salata nel Mediterraneo

Loujin aveva solo quattro anni. È morta di sete a bordo di un barcone di disperati, un puntino di lacrime e preghiere disperso nel Mediterraneo.

Faceva parte di un gruppo di sessanta profughi siriani partiti dal Libano, alla ricerca di una vita migliore, libera da persecuzioni, guerra e malattie.

Tante navi commerciali sono passate vicino a quel gruppo di poveracci guardando altrove, mentre le autorità maltesi hanno ignorato sistematicamente le loro richieste di soccorso.

Dopo dieci giorni, a soccorrerli, si è fermato un mercantile.

Purtroppo per Loujin era già troppo tardi: è morta tra le braccia della sua mamma, implorando un goccio di acqua.

Non è la prima e non sarà l’ultima.

Pensateci bene quando vi viene la tentazione di supportare chi vaneggia di chiusura dei porti o blocco navale.

Pensate che una bambina di quattro anni ha sofferto un’agonia miserabile, terribile e dolorosa, perché nessuno si è degnato di aiutare un’imbarcazione alla deriva.

Pensate a Loujin, morta di sete, a quattro anni, in braccio alla sua mamma.

13.9.2022

Siano dannati per sempre l’egoismo, l’indifferenza, l’odio.

Esemplare, direi.

(Firenze) L’uomo che vedete nella foto si chiama Mohammead Imran, ha trent’anni, per arrivare in Italia ha affrontato un viaggio lungo due anni, oggi è disoccupato e vive in un centro di accoglienza per immigrati.

Pochi giorni fa ha trovato una borsa sul marciapiede, l’ha aperta e ha visto che era piena di soldi (mille euro, verificheranno i poliziotti).

Lui non li ha neanche contati.

Ha cercato la stazione della polizia più vicina ed ha consegnato la borsa, che è stata poi restituita alla legittima proprietaria.

“Mi hanno educato così”, ha dichiarato.

Molti diranno con superficialità che ha solo fatto il suo dovere.

Io invece credo che l’occasione faccia l’uomo ladro. E immagino che non sia affatto facile comportarsi in questo modo quando sei disoccupato e vivi in un centro di accoglienza. Aggiungo, infine, che conosco tante persone, paradossalmente anche ricche, che non si sarebbero fatte alcuno scrupolo.
Quindi credo che lui sia stato veramente molto corretto.
“Esemplare”, direi.

Bravo, Mohammead,
110 e lode
❤️

19.5.2022

Questi immigrati proprio non si vogliono integrare 😉

Sei figli venuti da lontano

Lui si chiama Antonio Silvio Calò, ha sessant’anni ed insegna filosofia in un liceo classico di Treviso. Assieme a sua moglie Nicoletta ha accolto in casa, nella sua già numerosa famiglia, sei ragazzi africani che oggi chiama “i miei sei figli venuti da lontano”.

Come ricompensa, in questi anni ha subito minacce e insulti di ogni tipo. Ad esempio, in tanti gli hanno augurato che i sei ragazzi africani stuprassero la moglie.

Nel mentre, i suoi sei figli venuti da lontano sono cresciuti in Italia e si sono perfettamente integrati: tutti lavorano e tutti pagano le tasse. Alcuni di loro stanno per sposarsi.

“E badate bene che io non sono uno del settore” – afferma – “sono un insegnante. Se ci sono riuscito io, vuol dire che si può fare! Lo Stato non ha scuse”.

Grazie di vero cuore per questo emozionante esempio di ospitalità, integrazione e accoglienza, Antonio. Congratulazioni per la tua fantastica famiglia. Un forte abbraccio a tua moglie, ai tuoi figli nati in Italia e ai sei “venuti da lontano”.

14.12.2021

Restiamo umani
❤️

(Dis)onestà intellettuale

Leggete fino in fondo, perché questa storia è allucinante.

Walter Onichini si svegliò di soprassalto nel cuore della notte e, affacciandosi alla finestra della camera da letto, vide un ladro che provava a rubare la sua Audi S4. Impugnò dunque il suo fucile a pompa calibro 12 magnum e, sparando alle ombre, ferì Elson Dreca, 22 anni, cittadino albanese, mentre stava facendo retromarcia per fuggire.

Il ladro abbandonò l’auto e, invocando aiuto, provò ad allontanarsi a piedi. Onichini sparò di nuovo e lo ferì alla schiena.

Poi scese in cortile, chiese alla moglie di ripulire con la varecchina le tracce di sangue sul selciato, caricò il ladro nel bagagliaio, lo portò in aperta campagna e lo abbandonò rantolante in un canale.

Questi fatti sono stati accertati nel corso di tre gradi di giudizio.

Con oltre cento pallini di varie misure conficcati nella carne, avendo subito, tra le altre cose la rottura della milza, la rottura del rene, una perforazione gastrica ed iteale, Dreca è sopravvisuto solo perché un extracomunitario che stava andando al lavoro in bici si accorse del suo corpo agonizzante e chiamò prontamente i carabinieri.

Oggi Matteo Salvini riassume l’intera storia, letteralmente agghiacciante, con le seguenti parole: “è intollerabile che Walter Onichini sia in carcere per aver difeso se stesso e la sua famiglia da dei ladri albanesi”. Al suo fianco, si schiera compatto il partito dei fratellini d’Italia.

Cari giustizieri della notte, in questa brutta storia la legittima difesa c’entra come il tofu sulla carbonara.

Va bene che il vostro “elettore tipo” apprezza molto la brutale semplificazione unita alla più rozza pubblicità comparativa (il ladro straniero in libertà e l’italiano povera vittima in carcere), ma a tutto c’è un limite.

Anche alla disonestà intellettuale.

18.9.2021

Raccontala bene la storia, raccontala tutta, Matteo.

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