Non è festa per i mafiosi, per i camorristi, per i membri delle logge massoniche deviate. Non è festa per quelli che evadono le tasse, inquinano i fiumi, costruiscono abusivamente edifici di sabbia.
Oggi non è la festa dei furbetti del cartellino, dei compagni di merende, degli imprenditori che ridono soddisfatti dopo un terremoto. Non è la festa dei politici corrotti e dei loro mille corruttori. Di chi non va a votare “tanto sono tutti uguali”.
Soprattutto, non è la festa di quelli che si professano orgogliosamente “fascisti” e tendono fieri il braccio, in segno di saluto.
Il 25 aprile è festa per chi ama questo Paese, la sua cultura, la sua arte e la sua Costituzione.
È la festa di una fragile Democrazia nata grazie al coraggioso sacrificio dei nostri avi. Rispettiamola e difendiamola, tutti i giorni.
È la cosa più bella che abbiamo, la nostra unica e preziosa speranza di un futuro migliore.
Ai miei tempi usavamo pronunciare senza particolare ritegno parole come “handicppto”, “finccho”, “c*ccione”.
Ai miei tempi c’erano pochissimi magistrati donne, pochissime professoresse universitarie e quasi nessun chirurgo che non fosse un maschio.
Ai miei tempi i genitori, le maestre, i preti e gli educatori di ogni ordine e grado non si facevano alcuno scrupolo nel mollare un sonoro ceffone ad un bambino.
Ai miei tempi esisteva il “delitto d’onore”.
Le sigarette venivano reclamizzate ovunque – anche se le industrie già conoscevano i rischi per la salute – e gli operai trovavano la morte nelle fabbriche di amianto.
Facevamo tante cose belle e tante cose stupide, ai miei tempi.
Per fortuna ci siamo evoluti.
Questo è ciò che vorrei far notare ai titolari di una gelateria di Bologna che hanno pubblicato un annuncio per cercare un dipendente, invitando i candidati a non parlare subito di soldi (che volgarità!), sottolineando che, “ai tempi loro”, prima si faceva la prova e solo dopo si poteva discutere del vil denaro.
Cari amici gelatai, la retribuzione non è una gentile concessione del datore di lavoro, ma un sacrosanto diritto del lavoratore. Cerchiamo di mettercelo bene in testa una volta per tutte.
(Torino) – Un bambino di sei anni finisce in ospedale con l’intestino spappolato – quasi “esploso”, diranno i medici.
“Mi raccomando: quando ti chiedono cosa è accaduto tu digli che sei caduto dalle scale” – gli aveva ripetuto sino allo sfinimento sua madre.
Invece era stato brutalmente picchiato dal compagno della donna, che, dopo avergli legato le mani dietro la schiena, lo aveva preso a calci e pugni per aver bevuto un bicchier d’acqua senza permesso ed aver dato di stomaco nella macchina della nonna.
Ora l’uomo è in carcere.
Oltre al clamoroso pestaggio di pochi giorni fa, è emerso un passato di maltrattamenti nei confronti del bambino e della compagna.
La donna, che sarebbe stata picchiata anche quando era incinta di sette mesi, lo aveva lasciato più di una volta, in passato.
Ma poi era sempre tornata a casa.
Emergono quindi due considerazioni da questa orribile storia. La prima è che alle volte c’è pochissima differenza tra uomini e demoni; quando consideriamo la cattiveria e il sadismo di certe persone, siamo portati a dubitare che nel loro animo conservino ancora qualcosa di umano.
La seconda è che un compagno violento può arrivare ad uccidere un bambino. Al primo schiaffo, scappate dunque a gambe levate. Non è sempre facile – nessuno dice che sia facile – ma oltre alle forze dell’ordine, esistono centri di ascolto e associazioni di volontariato cui chiudere aiuto.
Scappate. E non tornate mai indietro.
Violenza e amore sono incompatibili.
18.4.2022
Una carezza a quel povero bambino.
Nella speranza che trovi qualcuno che si prenda cura di lui e che sia in grado di amarlo come merita.
Io la vedo così. Sta creando grande scandalo il rapporto amoroso tra la Preside del Liceo Montale e un suo studente. 1) Il sesso tra maggiorenni consenzienti non è reato ed in linea di massima non è eticamente condannabile – alla fine, parlando degli studenti, spiego da dove nasce questo “in linea di massima”; 2) Sbattere in prima pagina nome, cognome e foto della Preside non è rispettoso della sua privacy (tanto più che, fino a prova contraria, non ha commesso alcun reato); 3) Il maggiorenne invece è stato tutelato (niente nome e cognome) – ottimo, ma la tutela avrebbe avuto senso per entrambi; 4) il sessismo c’entra come la panna nella carbonara. Queste storie hanno sempre destato interesse morboso e scandalo, anche quando i protagonisti erano Presidi o docenti maschi (sui quali, in questi casi, pesa anche il sospetto della violenza con abuso dell’autorità, a prescindere dall’età della vittima, al punto che alcuni di loro, dopo lo scandalo, si tolsero la vita); 5) Il caso è “montato” anche a causa delle proteste degli studenti del Montale.
La posizione dei ragazzi deve essere compresa e merita rispetto. Perché è normale che alcuni tra loro possano non vedere di buon occhio questo genere di rapporto. Soprattutto se fosse vero che la dirigente si era mostrata molto rigida e un pochino “bacchettona” in passato, sanzionando rigidamente il dress code delle studentesse.
Conclusioni: lasciate in pace quella dirigente che, fino a prova contraria, non si è fatta corrompere e non ha commesso alcun reato – è stata anzi tradita nella sua fiducia, ferita nei suoi sentimenti ed esposta a pubblico ludibrio.
Rispettate e comprendete anche la posizione degli studenti, perché i ragazzi non sono stupidi e possono avere un loro legittimo modo di interpretare la vicenda (del tipo: la dirigente ha un ruolo di potere e di garanzia, sarebbe meglio se non avesse relazioni amorose con uno di noi).
Lo so, la verità è sempre difficile da accettare perché, quando viene approfondita, si mostra per forza di cose intimamente contraddittoria.
Ma bisogna fare uno sforzo per raccontarla nella sua piena complessità.
Evitando i soliti manicheismi, i processi da social network e gli estremismi da stadio.