La mossa del genio

Ieri notte ho finito di leggere “La mossa del matto” di Alessandro Barbaglia.

Il libro narra le imprese di Bobby Fischer, leggendario e a dir poco stravagante Campione di scacchi americano.

In particolare, racconta la finale del campionato del mondo di scacchi del 1972, quando Fischer, in piena guerra fredda, si giocò il titolo con il Campione del Mondo in carica, il russo Boris Spassky.

Con grande maestria, Barbaglia intreccia questa vicenda storica con l’Iliade – elaborando un azzeccatissimo parallelismo tra Fischer ed Achille, Spassky ed Ulisse.

Inoltre, coglie l’occasione per raccontare la sua difficile e splendida infanzia, segnata dalla prematura scomparsa del padre, psicologo di fama internazionale.

Il tutto con una prosa moderna, lineare, leggera.

“La mossa del matto” si legge rapidamente e con grande piacere, senza alcuno sforzo, ma con tantissima voglia di scoprire come andrà a finire.

È un libro poetico, profondo e colmo di significato che tutti gli appassionati di scacchi dovrebbero leggere.

Quando ho chiuso il romanzo, l’ho portato istintivamente al petto, pensando a quanto Bobby Fischer ci sia, segretamente nascosto, dentro ciascuno di noi.

26.10.2022

Grazie di cuore per averci regalato questo piccolo capolavoro, Alessandro.

110 e lode
❤️

Dahmer. La mia recensione

[No Spoiler] In poche settimane di programmazione, Dahmer, serie televisiva dedicata ad uno dei più famosi serial killer d’America, ha battuto diversi record, divenendo una delle più viste di sempre su Netflix.

Ho finito di vederla ieri – nel mio classico sabato sera di sballo da giovane ribelle: pizza, divano, netflix – e ho deciso di condividere qui la mia recensione.

Vi dico subito che trovo pretestuosa e inaccettabile ogni polemica sulla sua presunta oscenità: il cinema è a tutti gli effetti un’opera d’arte della quale è del tutto insensato dare un giudizio morale.

Tanto più che Dahmer non rende il protagonista un eroe; adotta spesso e volentieri il punto di vista delle vittime e tiene in grandissima e delicata considerazione i sentimenti dei familiari.

A mio avviso, proprio per l’attenzione dedicata alle vittime e alle loro famiglie, questa serie tv potrebbe addirittura essere considerata come il memoriale che gli Stati Uniti non hanno mai dedicato alle persone uccise dal serial killer.

Detto ciò, si tratta di un prodotto di altissimo livello per la recitazione, per la regia (alcune puntate sono state dirette magistralmente da Jennifer Lynch), per la colonna sonora (alla quale ha collaborato Nick Cave) e soprattutto per la sceneggiatura.

Perché Dahmer non si limita a raccontare la storia di un efferato criminale, ma si allarga a macchia d’olio, lentamente, inesorabilmente, narrando con grande perizia una miriade di aspetti, temi e dettagli, che solitamente vengono messi da parte da produzioni analoghe.

La storia viene narrata assumendo mille diversi punti di vista, offrendo grande rilievo all’ambiente umano nel quale Jeffry Dahmer è cresciuto e nel quale ha successivamente realizzato il suo delirio di sesso e cannibalismo.

Grande risalto viene dato anche a più di un tema politico, in particolare, al razzismo delle forze dell’ordine – con il quale l’America, a distanza di anni, non ha ancora fatto del tutto i conti.

Guardate Dahmer se avete lo stomaco forte, con la consapevolezza che alcune scene vi disturberanno, fatelo perché è un prodotto di altissimo livello che racconta una storia vera in maniera parecchio originale, costringendo lo spettatore a riflettere su temi come l’emarginazione sociale, la cattiveria, la sofferenza e la giustizia (divina e degli uomini).

Dahmer getta un magistrale colpo di sonda nell’abisso di una storia vera, merita il vostro tempo e la vostra attenzione, dalla prima all’ultima scena.

Uno ogni 8 ore

Sebastian Galassi aveva 26 anni. È morto mentre pedalava freneticamente sulla sua bici per consegnare in tempo un ordine. Il giorno dopo l’azienda per la quale lavorava gli ha inviato una e. mail di licenziamento.

Tanti saluti.
E grazie.

La assurda vicenda di Sebastian, una storia drammatica e kafkiana, ci mette a confronto con tre gravissimi problemi di questo Paese.

1) La scarsa sicurezza sui luoghi di lavoro. Ogni otto ore, in Italia, muore un lavoratore. Nei casi peggiori è uno studente impegnato nell’alternanza scuola lavoro;

2) Esistono larghissime e inquietanti “zone grigie” dove i diritti e le garanzie previste dalla legge per i lavoratori vengono sistematicamente ignorate o interpretate in maniera creativa;

3) La crescente automazione dei processi lavorativi ne implica la sempre più sconcertante de-umanizzazione.

Ovviamente, questo tema è stato del tutto assente dalla campagna elettorale ed ho come l’impressione che non sarà affrontato in tempi rapidi – considerato che le priorità dichiarate sono chiudere i porti e difendere la famiglia tradizionale.

5.10.2022

Un morto ogni otto ore da più di venti anni e continuiamo a farci prendere in giro da una massa di buffoni.

I lavoratori esigono rispetto, sicurezza, dignità.