0. Guardare significa comprendere
La maggior parte degli esseri umani elabora e comunica informazioni per immagini. Non a caso, la parola “considerare” deriva dalla unione di due termini latini e significa, letteralmente, “osservare le stelle”; mentre la parola “teoria” viene dal greco e contiene, al suo interno, un verbo che significa “guardare”.
Accanto a queste semplici osservazioni linguistiche, troviamo altre e più importanti suggestioni. Riflettiamo, ad esempio, sul fatto che Adamo ed Eva capiscano di essere nudi e decidano conseguentemente di coprirsi dopo aver mangiato il frutto che avrebbe loro “aperto gli occhi”. Correndo a nascondersi dallo sguardo divino.
1. Occhi che si nascondono. E toccano
Organo liquido e trasparente per eccellenza, l’occhio svolge una duplice funzione, permettendoci di comprendere il mondo e, al tempo stesso, comunicare con l’ambiente circostante – rivelando agli altri esseri umani i nostri pensieri, o lo stato d’animo in cui ci troviamo.
Lo sguardo degli altri ci tocca.
Ne percepiamo l’amore quando comunica tenerezza.
Ne subiamo la violenza quando esprime disprezzo.
Ne avvertiamo la pressione quando ci sentiamo osservati.
Potremmo provare un brivido di disagio nel caso in cui non fossimo nella condizione di ricambiare. Guardando negli occhi chi ci sta scrutando.
Se non possiamo opporci allo sguardo altrui, ci scopriamo deboli ed indifesi.
Esposti.
2. Il Legno Storto
Ultimamente, la cronaca nera è tornata ad occuparsi di atti di cyberbullismo.
Il fenomeno è indubbiamente preoccupante e, sembrerebbe, in costante ascesa.
Spesso, le vittime vengono perseguitate e minacciate via web, altrettanto frequentemente, vengono umiliate a causa della condivisione di immagini e filmati che ne espongono al pubblico ludibrio la goffaggine.
Non di rado, si tratta di persone deboli ed indifese.
O diversamente abili.
Quando penso a queste cose mi rendo conto di quanto avesse ragione Kant: nell’uomo c’è qualcosa di storto. Deve esserci, nella nostra natura, un tratto perverso, miserabile e demoniaco, che ci spinge immancabilmente verso il basso.
Forti con i deboli e deboli con i forti. Meno umani delle bestie feroci.
Evitiamo tuttavia di cadere nella facile retorica del mostro.
Sebbene ci costi ammetterlo la verità è che i cyberbully sono “ragazzi normali”.
Giovani come tanti che un giorno – per noia, ignoranza o superficialità – hanno passato la linea che separa goliardia e violenza.
3. Una novità antica.
Parliamoci chiaramente, il bullismo è sempre esistito – anche, se, ai miei tempi, si chiamava “nonnismo”.
Nei primi giorni di Liceo Scientifico, un mio compagno restava in classe durante la ricreazione, perché aveva il terrore di essere “battezzato” dagli studenti degli anni superiori. Ben prima che nascesse internet, molti ragazzi sono stati indotti al suicidio durante il servizio militare.
Eppure, la rivoluzione digitale ha cambiato anche questo aspetto della nostra vita.
La condivisione sui social rappresenta qualcosa di peculiare: una (ulteriore) violenza ed una (ulteriore) umiliazione che viene crudelmente imposta alla vittima. Una sorta di pena accessoria che ne amplifica il dolore, mettendone a dura prova la psiche.
Per questo motivo, penso che le scuole di ogni ordine e grado abbiano il dovere di educare ad un utilizzo corretto dei social network, prevedendo un corso di cittadinanza digitale.
Le nuove tecnologie della comunicazione mettono nelle mani di tutti – anche dei più giovani – un potentissimo strumento di diffusione del pensiero. Esponendo gli utenti dei social network, ed in particolare gli adolescenti, ad almeno due pericoli, altrettanto gravi e concreti: il primo è che i ragazzi feriscano i propri coetanei, pubblicando immagini che ne ledono irrimediabilmente la reputazione. Il secondo, altrettanto fondato, è che danneggino sé stessi, mostrando alla rete di quali nefandezze sono capaci.
4. Il fiore di Facebook.
Tutto ciò premesso, vorrei che si evitasse di dare semplicisticamente la colpa ad internet.
Riflettiamo su di un dato di fatto: solo in lingua italiana, esistono migliaia di gruppi di ascolto e supporto per chi ha sùbito una violenza. Esistono migliaia di forum a tutela dei diritti dei minori, delle donne, dei malati. Se non ci fossero internet ed i social network in particolare, tantissime persone non saprebbero letteralmente dove andare a sbattere la testa per condividere angosce e problemi.
Siamo dunque pari? Assolutamente no.
Il cyberbullismo è una deviazione, non la regola.
Ciò è vero prima di tutto in senso statistico.
Secondo di tutto, è vero dal punto di vista filosofico.
L’analisi fenomenologica e strutturale dei social network dimostra che essi nascono per creare legami sociali positivi – altrimenti non ci sarebbe alcuna possibilità di bloccare utenti, segnalare profili o interi gruppi.
Se gli utenti utilizzano questa incredibile possibilità di sviluppo per vessare e torturare i propri simili, questo non ha niente a che fare con i presunti limiti di internet, ma dipende dal fatto che gli esseri umani sono liberi, stupidi e – spesso – cattivi.
Persino i fiori possono diventare un’arma letale.
Nelle mani di un assassino.