(Brescia) – Due ragazze, di quattordici e quindici anni, litigano perché sono interessate allo stesso ragazzo, quindi si picchiano selvaggiamente mentre un nutrito gruppo di coetanei le incita e le riprende col telefonino. Poi, la più grande estrae un coltello e colpisce più volte l’altra – che viene ricoverata in gravi condizioni in ospedale.
Alcuni commentatori, tra i quali anche Gramellini, scrivono che tutto ciò accade per colpa del patriarcato maschilista – una cultura così pervasiva e forte da condizionare anche le adolescenti.
Io credo che questo sia un modo superficialmente femminista di considerare la questione e credo che ragionare così sia parte del problema.
Mi spiego: le donne sono esseri umani. Sono in grado di odiare, di essere violente e cattive, esattamente come i maschi.
Provo ad essere più chiaro: se una ragazza a è possessiva e gelosa non sta imitando uno stereotipo maschilista e patriarcale.
Rinunciare agli stereotipi sessisti significa abbandonare una narrazione ipocrita e superficiale che, pretendendo di identificare il femminile con valori esclusivamente positivi, lo priva subdolamente della sua piena umanità.
Non faremo un passo in avanti sulla strada della parità di genere fino a quando non la smetteremo di privare il femminile della sua sacrosanta e legittima ombra.
Quando una donna è aggressiva, non è vittima della cultura maschile e non sta imitando un maschio.
Il che non significa che le ragazze abbiano fatto bene a picchiarsi – ci mancherebbe.
Significa che rinnegare e rimuovere ogni sentimento di aggressività e violenza nella nostra lettura del femminile è il più subdolo e pericoloso modo di discriminare le donne, rinchiudendole nella gabbia di un modello di luce e di ascetica perfezione.
25.3.2024
Libere di essere umane