Storia di una piccola renna

Baby Reindeer (piccola renna) è titolo della (mini)serie televisiva che sta ottenendo grande successo in questi giorni su Netflix. Si tratta di una storia autobiografica di abuso e stalking, scritta ed interpretata con maestria da Richard Gadd.

L’ho vista in questi giorni e ne consiglio vivamente la visione a tutti.

Perché Baby Reindeer affronta l’argomento dello stalking – un tema parecchio delicato – con grande sensibilità e altrettanta originalità. Mettendo in scena, con impareggiabile dettaglio, i meccanismi psichici che legano la vittima di abusi al suo carnefice.

Lo fa con una precisione sconcertante. A tratti crudele. Senza concedere nulla alla nota valanga di luoghi comuni che affollano i film ed i libri sul tema. Conservando la giusta empatia e la dovuta carità per la vittima.

Baby Reindeer squarcia il velo dell’ ipocrisia, costringendo tutti ad una profonda riflessione sulle cause e sulle conseguenze della violenza – fisica e psicologica.

Il messaggio che veicola è un pugno nello stomaco. Ma anche un invito a tutte le persone che sono (state) vittime di violenza. Non isolatevi, non vergognatevi, non colpevolizzatevi.

Sono molteplici ed imprevedibili, le conseguenze perverse degli abusi.

Abbiate cura di voi.
Abbiate il coraggio di cercare aiuto.

29.4.2024

Nessuno si salva da solo

Il mito di Sly

I genitori di Sylvester Stallone vivevano a Hell’s Kitchen, uno dei quartieri più malfamati e poveri di Manhattan. Suo padre provava a fare il barbiere e sua madre vendeva le sigarette in un teatro.

Era soprattutto lei a portare i soldi in casa. Per questo motivo, continuò a lavorare anche quando era prossima al parto, si ruppero le acque mentre era su un bus e Sylvester nacque con la parte sinistra del viso paralizzato – ragione del suo celebre ghigno.

Alcuni anni dopo i genitori si separarono, e Sylvester, ancora bambino, andò a vivere con il padre, un uomo duro e di poche parole, veterano della seconda guerra mondiale, che spesso e volentieri lo picchiava, con il pretesto di dovergli insegnare a stare al mondo.

Per questo motivo Sly è cresciuto con un grande vuoto dentro ed un forte desiderio di rivalsa nei confronti del padre, amato ed al tempo stesso odiato.

Di queste vicende parla lo stesso attore, nel documentario biografico in onda in questi giorni su Netflix.

Stallone ripercorre le tappe della sua incredibile carriera – senza dimenticare di omaggiare la memoria del figlio, Sage, morto di infarto a soli 36 anni.

Si tratta di un documentario molto bello, che vi consiglio di vedere, giusto tributo alla carriera di un uomo che ha fatto la storia del cinema, scrivendo, interpretando e dirigendo, un personaggio immortale, il cui valore va ben oltre i muscoli e le scene di azione.

Pochi giorni fa ho visto un video in cui Stallone, assieme alla sua famiglia incontra il Papa. Sly ringrazia il Pontefice dicendo che è onorato. Papa Francesco risponde: “Siamo tutti cresciuti con i tuoi film”.

Così è.

13.11.2023

Grazie di vero cuore Sly.
Ci hai regalato una favola indimenticabile.
❤️

Questo mondo non mi renderà cattivo

La mia recensione – senza spoiler, ma con qualche riflessione “politica”.

Dall’8 giugno, su Netflix, è disponibile “Questo mondo non mi renderà cattivo”, la seconda serie di Zerocalcare. Ovviamente l’ho vista tutta l’8 giugno, in una piacevole ed interminabile maratona. Ho aspettato qualche giorno per scrivere una recensione, perché volevo rivedere alcuni passaggi e ponderare meglio alcune idee; sono un grandissimo fan di Zerocalcare – da ben prima che diventasse famoso – e ci tenevo ad avere le idee chiare prima di iniziare a scrivere.

Totale: io credo che “Questo mondo non mi renderà cattivo” sia complessivamente un ottimo lavoro, si vede che la piattaforma ha investito molto su questo progetto, si nota il lavoro delle altre “300 persone” che Michele Rech ringrazia e cita spesso. Nel dettaglio: l’animazione è più fluida e più curata rispetto al precedente; il mixaggio, finalmente pulito, rende giustizia alla dizione di Rech che, al massimo, “c’ha un po’ de inflessione”; la colonna sonora è azzeccata; si ride moltissimo; i temi trattati sono esistenziali, generazionali e politici – nella migliore tradizione della casa.

Allora tutto bene, abbiamo un capolavoro?

No. Consentitemi di muovere anche una sommessa critica. Premettendo che ho letto tutti i libri di Zero, che ho tutte le sue action figures, che regalo da sempre le sue opere a parenti ed amici e che attendevo da mesi che uscisse questa serie (insomma, il pregiudizio per quanto mi riguarda c’è, ma è positivo).

Tutto ciò premesso, io non sono troppo convinto del messaggio politico che emerge da questa serie. Perché nel messaggio politico complessivo, per quanto mi riguarda, ci sono troppi “anche”. È vero x ed è vero anche y; ed è vero anche r ed è vero anche z.

Qualcuno dirà che questa è la maturità e la bellezza dell’opera, che evita di mostrare il mondo in bianco e nero, rifuggendo il codice binario del semplicistico “amico/nemico”.

Ma io credo che quando il tema è nuovi “nazisti” (come li chiama lui) contro nuovi partigiani, non ci sia nessuno spazio per tutti questi “ma anche”, per tutta questa comprensione, per i secchi di destra che lanciano bomboni come i secchi di sinistra, per le Sare complottiste che addossano la colpa dello scontro ai poteri forti ed ai giornalisti (qui ho sentito Moretti che mi urlava nelle orecchie “siamo in un film di Alberto Sordi?); per i vecchi amici che sbagliano – ma solo perché la sinistra (radical chic e borghese) li ha abbandonati al loro destino.

Zero spazio per le preoccupazioni dei produttori che ti chiedono di unire e non dividere, caro Zero.

Perché, come scrivevi qualche tempo fa, questa non è una partita a bocce.

Conclusioni
Ottimo prodotto, vale sicuramente la pena vederlo, complessivamente più curato del primo, ma discutibile e confuso per quanto riguarda il senso: un messaggio di ecumenico perdono per tutti i “vecchi amici che sbagliano”, ma, in fondo in fondo, sono bravi ragazzi, esattamente come i nuovi partigiani.

Voto: 7.
Guardatela, ridete, riflettete.

The Bad Guy

Ieri sera ho finito di vedere la prima stagione di The Bad Guy e ho deciso condividere con voi la mia recensione (no spoiler).

The Bad Guy è una serie TV prodotta da Amazon Prime Video e diretta da Stasi e Fontana. Il protagonista principale è Luigi Lo Cascio (che interpreta il magistrato antimafia Nino Scotellaro), mentre i co-protagonisti di questa prima stagione sono Claudia Pandolfi (Luvi Bravi) e Vincenzo Pirrotta (Salvatore Tracina).

Ci sono mille motivi per cui mi sento di consigliarvi di guardare The Bad Guy: la regia è rapida, priva di sbavature, ultramoderna; il montaggio è serrato; la fotografia regala immagini e colori mozzafiato; la colonna sonora è stata curata con estremo gusto; la recitazione di Lo Cascio è impareggiabile.

Ma soprattutto, consentitemi di dirlo, la trama è spettacolare.


Devo fare i miei più sinceri complimenti al trio Rampoldi, Serino e Stasi per aver intrecciato con così grande disinvoltura una moltitudine di temi e di sotto-racconti.

Il risultato è una narrazione piena di (auto)ironia, di colpi di scena e di suspence, che vi terrà inchiodati alla poltrona dal primo all’ultimo episodio.

Conclusioni
The Bad Guy sposta parecchio in alto l’asticella delle serie televisive italiane. Dovete assolutamente guardarla. L’unico neo, se così vogliamo dire, è che il finale vi lascerà appesi, in spasmodica attesa del seguito. Si tratta di un peccato tutto sommato veniale, che possiamo forse perdonare a Prime Video mentre aspettiamo la seconda stagione, ma solo a patto che si sbrighino a distribuirla.

22.12.2022

Voto 9
Davvero un ottimo lavoro.
Immagino che fosse parecchio difficile fare meglio.

Dahmer. La mia recensione

[No Spoiler] In poche settimane di programmazione, Dahmer, serie televisiva dedicata ad uno dei più famosi serial killer d’America, ha battuto diversi record, divenendo una delle più viste di sempre su Netflix.

Ho finito di vederla ieri – nel mio classico sabato sera di sballo da giovane ribelle: pizza, divano, netflix – e ho deciso di condividere qui la mia recensione.

Vi dico subito che trovo pretestuosa e inaccettabile ogni polemica sulla sua presunta oscenità: il cinema è a tutti gli effetti un’opera d’arte della quale è del tutto insensato dare un giudizio morale.

Tanto più che Dahmer non rende il protagonista un eroe; adotta spesso e volentieri il punto di vista delle vittime e tiene in grandissima e delicata considerazione i sentimenti dei familiari.

A mio avviso, proprio per l’attenzione dedicata alle vittime e alle loro famiglie, questa serie tv potrebbe addirittura essere considerata come il memoriale che gli Stati Uniti non hanno mai dedicato alle persone uccise dal serial killer.

Detto ciò, si tratta di un prodotto di altissimo livello per la recitazione, per la regia (alcune puntate sono state dirette magistralmente da Jennifer Lynch), per la colonna sonora (alla quale ha collaborato Nick Cave) e soprattutto per la sceneggiatura.

Perché Dahmer non si limita a raccontare la storia di un efferato criminale, ma si allarga a macchia d’olio, lentamente, inesorabilmente, narrando con grande perizia una miriade di aspetti, temi e dettagli, che solitamente vengono messi da parte da produzioni analoghe.

La storia viene narrata assumendo mille diversi punti di vista, offrendo grande rilievo all’ambiente umano nel quale Jeffry Dahmer è cresciuto e nel quale ha successivamente realizzato il suo delirio di sesso e cannibalismo.

Grande risalto viene dato anche a più di un tema politico, in particolare, al razzismo delle forze dell’ordine – con il quale l’America, a distanza di anni, non ha ancora fatto del tutto i conti.

Guardate Dahmer se avete lo stomaco forte, con la consapevolezza che alcune scene vi disturberanno, fatelo perché è un prodotto di altissimo livello che racconta una storia vera in maniera parecchio originale, costringendo lo spettatore a riflettere su temi come l’emarginazione sociale, la cattiveria, la sofferenza e la giustizia (divina e degli uomini).

Dahmer getta un magistrale colpo di sonda nell’abisso di una storia vera, merita il vostro tempo e la vostra attenzione, dalla prima all’ultima scena.