Sabato scorso, io ed il mio amico Federico ci siamo ritrovati a fare le ore piccole in un locale all’estrema periferia di Roma, in uno dei tanti Irish Pub che, a partire dalla prima metà degli anni novanta, hanno letteralmente invaso la città. Fuori, la notte scorreva liscia e silenziosa. Come acqua su un vetro.
Sabato scorso, io ed il mio amico Federico ci siamo ritrovati a fare le ore piccole in un locale all’estrema periferia di Roma, in uno dei tanti Irish Pub che, a partire dalla prima metà degli anni novanta, hanno letteralmente invaso la città. Fuori, la notte scorreva liscia e silenziosa. Come acqua su un vetro.
F.- Il punto è questo amicomio: nella vita non c’è nulla di così sicuro come il cambiamento. Tutto cambia, sempre. E’ una legge universale. Anche quando a noi sembra che le cose rimangano tali e quali per anni, in realtà, ad un livello più piccolo, sotto una prospettiva diversa, stanno comunque evolvendo. Il cambiamento è la qualità fondamentale ed imprescindibile di tutto ciò che vive. Solo la morte è per sempre.
G.-Certo.
F.-Eppure, cambiare richiede una grandissima fatica. Cambiare richiede uno sforzo. Perché noi siamo abitudinari. Ma l’abitudine è una forma di pigrizia mentale. Quando fai sempre la stessa strada per tornare a casa, puoi mettere il “pilota automatico” e pensare ad altro. Quante volte ti sarà capitato di arrivare in un posto con la macchina e di non ricordare come ci sei arrivato…

G.-Con il traffico che c’è sul raccordo anulare, mai. Ma capisco cosa intendi.
F.- Intendevo dire che l’abitudine è un modo per “risparmiare energie mentali”. Ma è anche una trappola. A forza di fare sempre le stesse cose, noi smettiamo di crescere. Mangiamo per anni la stessa minestra e ci dimentichiamo quanto è bello provare nuovi gusti, nuovi sapori. I cinesi dicono “ogni volta che assaggi un nuovo cibo, allunghi la tua vita di sette anni”.
G.-I cinesi dicono così perché mangiano le formiche fritte.
F.-…
G.-Voglio dire, con quello che mangiano… il cibo straniero è tutta salute…
F.-…
G.-No, sul serio. Lo sapevi che la parola latina traditio, che significa “consegnare”, ha dato origine ai termini italiani “tradire” e “tradizione”? C’è chi sostiene che il termine traditio abbia assunto una sfumatura negativa proprio con la consegna che Giuda fece di Gesù. Fu in quel momento che una traditio – una consegna- divenne un tradimento. Questo significa che la tradizione può diventare una trappola.
F.-Bravo! La tradizione è una trappola. Le persone si affezionano alle gesta che compiono quotidianamente e, dopo molti anni, non si ricordano nemmeno perché si comportano in un certo modo, ma continuano lo stesso a fare o non fare qualcosa. Lo sai perché?
G.-Perché non vogliono correre rischi?
F.-Perché tutto quello che vogliono è perpetrare una liturgia, mantenere in vita un rituale.
G.-Certo che questa apologia del cambiamento suona molto renziana… Secondo te, ogni cambiamento è un bene? Mettiamo che io cambio e peggioro?
F.-Si tratta di una obiezione sensata… Peraltro, non avevo nessuna intenzione di fare l’apologia di Renzie. Mettiamola così, amicomio: noi non sappiamo se il cambiamento porterà un miglioramento, ma sappiamo per certo che se vogliamo migliorare dobbiamo necessariamente cambiare. Mi segui?
G.-Assolutamente. Lo sai cosa dico sempre ai miei studenti?
F.-Lasciate Giurisprudenza ed iscrivetevi a Scienze degli Snack al Formaggio?
G.-No. Domando alla classe se qualcuno sa quale sia la definizione di follia.
F.-Seguire uno dei tuoi corsi e sperare di imparare qualcosa?
G.-Se non la smetti di fare il cretino dico alla tua ragazza che hai flirtato con la cameriera.
F.-Scusa, dimmi.
G.-La definizione di follia, amico mio, è “continuare a fare sempre le stesse cose e sperare che il risultato cambi“.
F.-L’hai detto.
G.-Per andare dove non sai, devi passare per dove non sai.
F.- Ah ah ah… Come dici? “Sai dove”? “Non sai dove”? Temo di essermi perso!
G.-Mi sembra un ottimo punto di partenza.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...