Quando è scoppiato il caso di Alberto Genovese – accusato di aver sequestrato, stuprato e seviziato una diciottenne nel corso di un party a base di droga e alcol – in tanti si sono domandati chi fosse l’indagato.
La maggior parte dei quotidiani nazionali si è limitata a definirlo “imprenditore digitale”, “fondatore di facile . it “
Invece il Sole24ore, per amore della precisione, gli ha dedicato un articolo in cui il giornalista, sin dalle prime righe, definiva Genovese “un vulcano di idee e progetti che, per il momento, è stato spento”.
Aggiungeva poi che l’imprenditore napoletano di nascita e milanese di adozione – dopo la laurea alla Bocconi – “non si è fermato un attimo”. E che ora, invece, sarebbe stato costretto a farlo.
Queste parole hanno giustamente sollevato un’ondata di indignazione che ha costretto l’autore a modificare l’incipit.
L’articolo, però, resta.
Resta il fatto che “quando il lockdown da pandemia sanitaria incombeva” sul nostro Paese (la notate anche voi l’enfasi?) Genovese è divenuto Presidente del Cda di una ulteriore e nuova società – eroe!
È una maniera corretta di fare giornalismo?
Dopo che l’autore è stato costretto a modificare l’incipit, l’articolo del sole24ore risulta comunque pleonastico e “ridondante”, suona, ancora oggi, come una difesa agiografica della quale nessuno sentiva veramente il bisogno.
Ci vuole equilibrio, va bene sottolineare che le indagini sono ancora in corso, ma teniamo sempre a mente chi è la presunta vittima, in questa storia, e chi, invece, il presunto carnefice.
Per evitare il giustizialismo basta avere l’accortezza di usare le parole giuste, non c’è bisogno di fare il tifo per l’indagato.
Roma 16.11.2020
Hanno spento il vulcano, l’hanno costretto a fermarsi