La nostra migliore festa

Sono orgoglioso di essere italiano nonostante la mafia, la camorra, la sacra corona unita e la ‘ndrangheta; sono orgoglioso di essere italiano nonostante gli evasori fiscali, i furbetti del quartierino e quelli del cartellino, gli imprenditori che ridono all’alba di un terremoto, i politici corrotti e i loro mille corruttori.

Ne sono orgoglioso nonostante i fascisti, gli analfarazzisti, i populisti e i no vax. Nonostante quelli che seguono le ambulanze per superare le automobili in coda, quelli che viaggiano sulla corsia di emergenza, quelli che guardano lo smartphone in autostrada.

Sono orgoglioso di essere italiano nonostante la gente che si ammazza per una partita di calcio, quelli che investono i pedoni e poi scappano, chi passa la vita a minacciare, truffare e sfruttare il prossimo.

Nonostante le stragi di Stato, Ustica e Gladio.

Nonostante la morte di Pinelli, Cucchi e Aldovrandi.

Nonostante la violenza sulle donne e i morti sul lavoro.

Sono orgoglioso di essere italiano per Falcone e Borsellino. Per Don Diana, Peppino Impastato e Carlo Dalla Chiesa. Per i donatori di organi, di midollo osseo e di sangue. Per la Caritas e la protezione civile, per chi fa volontariato in carcere, negli ospedali e negli ospizi.

Sono orgoglioso di essere italiano per la gente che adotta bambini poveri, diversamente abili, “semplicemente” orfani o abbandonati.

Sono orgoglioso di essere italiano per Primo Levi, Pirandello, Montale, Ungaretti, Gadda e Calvino.

Per Berlinguer, Pertini e Don Luigi Sturzo.

Sono orgoglioso di essere italiano per Rita Levi Montalcini e Umberto Eco.

Sono orgoglioso di essere italiano per i ricercatori che ottengono premi e riconoscimenti nel mondo, per i nostri più celebri e dotati cantanti, pittori e scultori.

Sono orgoglioso di essere italiano per Cinecittà, Fellini, Totò, Mastroianni, Gassman, Tognazzi, Loren, Sordi, Benigni e Fo.

Per la nazionale di calcio del 1982 e quella del 2006, per il Grande Torino, Coppi, Bartali e Nuvolari, Max Biaggi e Valentino Rossi, Yury Chechi, Tomba, Baggio, Totti, Pantani e Bebe Vio.

Sono orgoglioso di essere italiano nonostante tutto e quindi oggi festeggio una Repubblica Democratica, nata dall’antifascismo, fondata sulla resistenza e sul rispetto dei valori di solidarietà civile e di eguaglianza espressi dalla sua Costituzione.

Questo Paese è pieno di gente onesta, che, nonostante tutto, non si arrenderà mai.

Roma 2.6.2020

Viva l’Italia che Resiste

La Vita Dei Sindaci o La Vita Dei Professori? – Una Breve Analisi del Dibattito Tra Renzi e Zagrebelsky

 Un confronto scorretto
Mentana inizia la trasmissione sottolineando che questo non è un confronto asimmetrico. Si tratta di un errore, dal punto di vista formale e contenutistico. Se ci fossero anche solo mille italiani che non ci hanno pensato, adesso tutti hanno chiaro quale sia il principale limite di questo dibattito: da una parte c’è il Presidente del Consiglio – un politico scaltro e preparato – dall’altra, c’è un autorevole costituzionalista – un docente universitario molto stimato che, peraltro, è stato anche Presidente della Corte Costituzionale. Queste persone non parlano lo stesso linguaggio e non sono abituate a confrontarsi. Dal punto di vista mediatico non c’è battaglia: Zagrebelsky è anagraficamente, iconograficamente, irrimediabilmente, anziano. Lo scontro è dunque tra un giovane pieno di vita che vuole cambiare il Paese e un vecchio Professore che si asciuga il naso mentre inforca gli occhialoni per leggere il testo della riforma – per ben due volte, curvo sul libro, con la testa pelata a favore di telecamera. Queste immagini veicolano il significato più comodo per Renzi e per il Governo. Mentana prova timidamente a metterci una pezza: “da una parte c’è chi ha voluto la riforma”, dall’altra c’è “chi mette in discussione quella riforma”. Argomento debolissimo. Il problema è per quale motivo avete deciso di contrapporre proprio queste persone, scegliendo loro nel vasto novero delle autorità pro e contro. Se la giustificazione è che uno è favorevole e l’altro è contrario, la prossima volta mi aspetto Fedez contro Cacciari.

Le parole di Renzi
Renzi chiama Zagrebelsky il “Professore”. Sempre, in ogni frase. Ovviamente il titolo di Professore sancisce l’autorevolezza e la competenza di Zagrebelsky, ma in un dibattito televisivo risultare autorevoli e competenti è utile quanto un cubetto di ghiaccio al Polo Nord. I contendenti devono mostrarsi simpatici, arguti, brillanti… devono convincere gli indecisi e portarli dalla propria parte. Il titolo di Professore sarà anche importante, ma è politicamente perdente perché evoca immagini scomode: allude alla noia, alla seccatura dello studio, alla tortura degli esami.

Dalla stima alle battute…
Renzi chiarisce sino alla nausea che stima e rispetta Zagrebelsky, tanto da portare il Professore a chiedergli esplicitamente di farla finita con questa storia della stima e del rispetto: “la smetta di dire con rispetto, dica le cose, con rispetto o senza rispetto, non è questo il problema”. A quel punto, Renzi si sente autorizzato a cambiare stile linguistico,  rivolgendo al suo avversario alcune battute da avanspettacolo: “Guardi quello è il suo libro, non è la Costituzione”; “Quando ha finito mi faccia un fischio”; “Se volete mi vado a fumare una sigaretta nel frattempo”; “Non è così, glielo dico con… senza rispetto perché senno si arrabbia”; “Porterò un argomento a piacere, la prossima volta”.

…dalle battute alle critiche…
Con il passare dei minuti, inizia ad attaccarlo in maniera diretta e chiaramente “personale” – ribadendo sempre la incolmabile distanza che separa un giovane politico che si dà da fare per il bene del Paese e un vecchio Professore abituato ai formalismi e ai giochi di potere. Il top lo raggiunge verso la fine del dibattito, quando chiede a Zagrebelsky: “Questa è la vita delle persone, o è la vita dei Professori?”. Capite? Da una parte ci siamo noi la gente, dall’altra ci sono questi esseri mitologici con il corpo di uomo e la testa a forma di enciclopedia.

…alle immagini sgradevoli.
“Potrei parlare ore di cosa significa andare nelle case di cura e vedere il 77% degli anziani di quella realtà malati di Alzheimer”. Quale immagine evoca il Presidente del Consiglio? Stizzito, Zagrebelsky domanda: “e che c’entra?”, ma è chiaramente spaesato dal fatto che Renzi sembra aver preso improvvisamente la tangente. Il Presidente del Consiglio si giustificherà dicendo che stava parlando di “politica”, ma io credo che l’esempio non sia stato fatto a caso e che volesse evocare maliziosamente una immagine negativa. Non siete convinti? Renzi propone altre immagini studiate a tavolino: “Per chi è abituato ai superstipendi, questi risparmi sono risparmi minimi, ma per chi lotta tutti i giorni per trovare i fondi sulle pensioni minime, altro che pensioni d’oro, sono risparmi importanti”. Chi dei due collegate istintivamente all’idea di pensione d’oro? Ancora: “Il Sindaco si confronta con i problemi reali, non con i problemi dei salotti o delle auree stanze dei palazzi imbottiti di tanti privilegi e di poche concretezze”. Stiamo parlando di salotti, di stanze dorate,  di posti preclusi ai comuni cittadini, dove alcuni odiosi e vecchi potenti si riuniscono, probabilmente in segreto, per decidere le sorti del Paese. Zagrebelsky capisce che qualcosa non funziona, inarca le sopracciglia, aggrotta la fronte e prova ad incalzarlo: “quali sarebbero questi salotti, scusi?”. Renzi continua a parlare senza rispondere, ormai l’immagine è passata.

Trucchetti
Il Presidente del Consiglio mette in bocca a Zagrebelsky parole mai dette, lo fa, mi pare, due volte, di corsa, infilando queste frasi tra un discorso e l’altro, sapendo che il suo interlocutore non riuscirà a bloccarlo: “Senza alcun rischio autoritario e sono contento che l’abbia riconosciuto” – ovviamente Zagrebelsky non gli ha mai fatto questa concessione.

Curiosità e/o errori
Renzi cita due volte Di Maio – lo prende in giro per la gaffe sul dittatore del Venezuela e poi sottolinea che non sa leggere le e.mail. Ancora, domanda a Zagrebelsky “le sembra normale che il Sindaco di una grande città debba firmare un contratto con una multinazionale?”. Non si capisce bene cosa c’entrino i Cinque Stelle in questo dibattito. Ancora, Renzi insulta senza motivo gli avvocati, e so per certo che non l’hanno presa benissimo. “Perché questo deve essere il Paese degli azzecca-garbugli? I cittadini fanno le cose semplici e gli avvocati le rendono complicate”. La frase è assurda e palesemente fuori luogo, è come se avesse voluto togliersi un sassolino dalla scarpa. O forse ha semplicemente messo un piede in fallo.

L’appello finale.
“Si supera il passato, io lo so che la nostalgia è un sentimento affascinante, bellissimo, affettuoso, è finito il tempo della nostalgia, se vogliamo correre nel mondo globale. Se invece vogliamo restare ai ricordi, faremo di questo Paese un museo. Se vogliamo andare sul futuro, bisogna avere il coraggio di cambiare”. Qui il linguaggio di Renzi è sceso al livello pubblicità dei materassi – slogan di Forza Italia. Infine, Renzi giudica il suo avversario, e, come nel miglior teatro dell’assurdo, lo boccia, rimandandolo al prossimo appello: “Dal Professor Zagrebelsky, sui libri del quale ho studiato, mi aspettavo qualche argomentazione legata alla Costituzione”.

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