Qualche settimana fa ho pubblicato un post in cui criticavo scherzosamente i romanzi di Fabio Volo. Da allora, molte persone mi hanno scritto per chiedermi quali fossero i miei libri preferiti, o, più semplicemente, un consiglio per la lettura. Per questo motivo, ho deciso di pubblicare sul blog la recensione dei 100 testi – romanzi, libri di filosofia o biografie – che vi raccomando vivamente di leggere – o, in alcuni casi, di non leggere. Iniziamo oggi, con una breve recensione de Il giovane Holden.
Il giovane Holden è un romanzo pubblicato da J.D. Salinger nel 1951. Si tratta del più classico tra i “romanzi di formazione”, il punto di vista prescelto dall’Autore è interno all’opera: la voce narrante è quella di Holden – protagonista del libro – che racconta ai lettori cosa gli è accaduto dopo che è stato espulso dal College. Quando ho letto questo libro frequentavo il primo anno del liceo. La professoressa di italiano mi consigliò di leggerlo perché, a suo dire, ricordavo molto il protagonista. A quei tempi lo presi come un complimento – e tale l’ho considerato per anni – adesso mi rendo conto che il giovane Holden è un gran brontolone che prende le cose “troppo sul serio”, non riesce a godersi la sua età perché odia tutto e tutti e che, pur essendo molto arguto, non usa la sua intelligenza per essere felice – meno male che crescendo sono cambiato…
Scherzi a parte, quando avevo quattordici anni mi sentivo molto vicino ai pensieri e ai turbamenti del protagonista del libro. Prima di tutto, perché Holden odia l’ipocrisia: è come se il protagonista del libro fosse dotato di un radar che gli consente di intercettare cinicamente la falsità, ovunque essa si annidi. Questo curioso integralismo della verità risulta perfettamente coerente con la cifra stilistica prescelta da Salinger – la narrazione è così nitida e vera da risultare a tratti commovente. Inoltre, Holden sognava, una volta cresciuto, di diventare The Catcher in The Rye – questo è il titolo originale del libro, un titolo intraducibile in italiano. Quando pensava al suo futuro, egli immaginava che esistesse un grande campo di segale – di quelli con le spighe così alte da non riuscire a vedere cosa sta accadendo a due metri dal naso – e che in quel campo ci fossero molti bambini che giocavano e correvano felici. Holden avrebbe vissuto lì, nei pressi di un burrone, e il suo compito sarebbe stato di bloccare quei bambini che, per sbadataggine, avventatezza o altro, si fossero avvicinati troppo al ciglio: avrebbe dovuto prenderli al volo, prima che cadessero. Aprendo una piccola parentesi sulla contemporaneità: questa immagine mi è venuta in mente pochi giorni fa, quando ho visto al cinema l’ultimo film di Tim Burton il cui protagonista è un “bambino speciale” in grado di “vedere alcuni mostri” che uccidono in un modo orribile le persone – nello specifico, questi mostri vanno a caccia di “bambini speciali”.
Salinger è un grandissimo scrittore, peccato che non abbia pubblicato molto e si sia ritirato a vita privata fuggendo da tutti e tutto – aprendo una seconda parentesi sulla nostra epoca, credo che Stephen King si sia ispirato a lui per il personaggio che apre il bel romanzo Chi perde paga.
Tornado a Holden, il libro è scritto con uno stile estremamente semplice e scorrevole, ma è comunque una grandissima opera letteraria, in grado di mostrare con sapienza i dolori di un adolescente – aprendo una terza e ultima parentesi: a me i pensieri di Holden hanno sempre fatto venire in mente la frase di una canzone dei Nirvana: as my bones grew they did hurt/they hurt really bad (mentre crescevano le mie ossa mi facevano male, davvero molto male). Qualcuno dirà che il vero capolavoro di Salinger non è Il giovane Holden, ma il nono racconto della splendida raccolta “i nove racconti” e io sono parzialmente d’accordo: il nono racconto è, effettivamente, un capolavoro. Ma il giovane Holden è un romanzo, non credo che sia del tutto corretto paragonarlo a un racconto breve. In definitiva, se non avete ancora letto Il giovane Holden mettetelo in cima alla vostra lista, questo libro non può assolutamente mancare nella vostra collezione. Leggetelo se avete meno di venti anni, se volete ricordarvi come era essere adolescenti, se vi piace la letteratura con la L maiuscola, se volete conoscere un’opera d’arte senza tempo che ha incantato almeno tre generazioni di lettori.
Voto: 10
La frase che mi è rimasta in testa, di questo libro, non viene pronunciata da Holden, ma da un professore a cui il ragazzo fa visita dopo essere scappato di casa. A memoria, mi sembra che dica: la differenza tra gli adolescenti e gli adulti è che gli adolescenti vogliono morire per i propri ideali, mentre gli adulti si accontentano di vivere dignitosamente per essi.
Grazie per il contributo.
Circa la chiosa finale sulla frase del docente, credo che non sia più attuale.
Come indicava una ricerca pubblicata dal Corriere qualche giorno fa, i Millenials oggi non hanno più ideali per i quali lottare, se non il proprio ego e spesso la propria enorme e grande confusione fra reale e fortemente immaginato. Questa la nostra grande responsabilità, da adulti: averli lasciati soli a capire (spesso unicamente grazie al web) che cosa fare, dove andare e a chi inspirarsi.
E come riferimenti abbiamo dato loro qualcosa di enormemente distante da loro, come Leopardi o Primo Levi, oppure qualcuno che ha fatto cose enormi, come Steve Jobbs (oddio), o il fondatore della Red Bull o altro, che non fa altro che farli sentire ancora più piccoli e smarriti.
Grazie ancora
Cristina Andreoli
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Il giovane Holden è un libro che mi è piaciuto molto ma di cui non ricordo altro, se non il fatto che mi sia piaciuto. L’ho letto anch’io da adolescente, in un periodo in cui non riuscivo a finire nessun libro. Questo lo finii, mi piacque, e questo è il ricordo che mi resta. A volte qualcuno ne accenna, oppure come nella tua recensione, cita dei momenti e a volte mi chiedo se ho letto un altro libro. Quello che ricordo io sono scarpe e pozzanghere. Chissà poi se c’erano davvero :)
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