La Seconda Repubblica

(Palermo) – Esattamente trent’anni fa, alle ore 17:57, 500 chilogrammi di tritolo detonarono sulla A29, togliendo alla vita il Magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie, Francesca Morvillo, anch’essa Magistrato, e gli Agenti della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo.

L’Italia piombò così in un incubo: la mafia alzava la testa e sfidava lo Stato senza paura: avanzava richieste, sanzionava presunti tradimenti, cercava disperatamente nuove intese. Per questo motivo trasformava il territorio italiano in territorio di guerra, inaugurando, con la strage di Capaci, la stagione delle bombe.

Negli anni successivi, quando il potere trovò un nuovo e definitivo assetto, la mafia mise da parte le bombe, lasciando la netta impressione di non essere affatto scomparsa, ma di aver semplicemente stipulato l’accordo giusto, il patto più conveniente e proficuo, con chi di dovere.

Se non ne siete convinti, vuol dire che avete bisogno di ripassare la cronaca giudiziaria sui rapporti tra potere politico e potere mafioso – una storia drammatica e, di per sé, parecchio eloquente.

23.5.2022

Sono passati trent’anni dalla morte di Giovanni Falcone e questo Paese ha ancora un disperato bisogno di eroi.

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