Senza ombra di dubbio, l’invidia è uno tra i vizi capitali più diffusi nel nostro Paese. Alzi la mano chi non ha mai provato invidia in vita sua e, soprattutto, chi non si è mai sentito invidiato. Non sapete di cosa sto parlando? Non ci credo. Se l’invidia facesse crescere le ali, l’Italia sarebbe un aeroporto. Osservatela bene.
Non è uno stivale, è una portaerei.
1. Tre famiglie
Gli invidiosi possono essere divisi in tre grandi famiglie:
1) quelli che scompaiono. Quando le cose non girano per il verso giusto, queste persone vi telefonano, vi scrivono su whatsup, vi mandano sms, lettere, messi comunali e piccioni viaggiatori. Insomma, vi stalkizzano giorno e notte senza alcuna pietà. Al minimo cenno di ripresa, diventano ombre del passato. Privi di sangue e disperati- come anime affogate nello Stige – strisciano furtivi alle vostre spalle. Imitando l’omicida di Scream.
Se proprio non riusciranno ad evitarvi, faranno finta di non sapere nulla di ciò che avete fatto o ottenuto di buono nella vita. Per quanto possano sforzarsi, vi accorgerete immediatamente della loro sofferenza, perché la verità è che niente fa più rumore del silenzio di un invidioso.
2) quelli che ti offendono facendoti i complimenti. “Che occhi fantastici che hai! Si notano molto… forse perché sono l’unica cosa bella del tuo viso!”. “Ho dato un’occhiata al tuo blog. Complimenti per le citazioni! Ed anche per le foto che usi. Peccato che entrambe le cose non siano tue!”. Esattamente come il Sindaco Marino, queste persone partono bene. Ma si tradiscono da sole. E finiscono per fare una brutta figura.
3) quelli che si comportano come la volpe della famosa favola, disprezzando apertamente ciò che non possono avere. Io, ad esempio, me ne sono fregato del fatto che non mi abbiano riconosciuto neanche una misera nomination ai “premi della rete” In fondo, ho solo totalizzato 150.000 visualizzazioni in meno di un anno, per quale motivo avrei dovuto aspettarmi di ricevere un seppur minimo riconoscimento?
2. Invidia è autolesionismo
Gli invidiosi danneggiano prima di tutto se stessi. Sono vittime di un atteggiamento negativo che li allontana irrimediabilmente dal successo. Chi prova invidia si convince facilmente che il prossimo non ha alcun diritto di avere ciò che ha – o di essere ciò che è. Il risultato di queste convinzioni è che l’invidioso non sarà mai in grado di impegnarsi per ottenere qualcosa.
Che senso avrebbe darsi da fare, se, in fondo, è tutta questione di fortuna?
Questa è la immensa differenza che separa l’invidia dall’ammirazione. Chi ammira riconosce la grandezza altrui, anche se (di)spera di poter raggiungere gli stessi obiettivi raggiunti dal suo modello. Per questo motivo, dall’ammirazione nasce sforzo, passione e, spesso, amore. Dall’invidia, invece, non nasce nulla. Se non cattiveria e frustrazione.
3. Il successo del panino al prosciutto
L’invidia è tanto diffusa perché le persone tendono a confondere due categorie di beni: i beni competitivi ed i beni non competitivi.
Per fare un esempio, pensiamo alla differenza che passa tra un panino al prosciutto – bene competitivo per eccellenza – e la cultura – che è, invece, un bene non competitivo. Il panino è un bene esclusivo e competitivo, perché, per essere sfruttato ed apprezzato pienamente, deve appartenere ad una sola persona. Se (con)dividi il tuo panino, resterai con mezza merenda tra le mani – a meno che tu non sappia fare altri giochetti, come camminare sulle acque o resuscitare i morti.
La cultura, al contrario, è non competitiva: se (con)dividi le tue idee con qualcuno, avrai in cambio idee migliori, oppure, il doppio delle idee.
Per smetterla di essere invidiosi dobbiamo renderci conto che il successo non è un bene esclusivo e competitivo. Il mondo è grande, c’è posto per tutti! Ogni giorno abbiamo infinte occasioni per essere felici e realizzare i nostri desideri – la prima delle quali è svegliarsi presto e rimboccarsi le maniche.
Voglio dire: la scandalosa fortuna del nostro vicino di casa non ci danneggerà in alcun modo. Se lui esce con Giorgia Palmas questo non significa che noi saremo costretti a sposare la moglie di Fantozzi.
4. Il genio del manuale
La parola “invidia” deriva dal latino “in”- “videre” che significa, letteralmente, “guardare di sbieco” qualcuno. Forse per questo motivo, ho sempre trovato deliziosa questa storiella: una notte, mentre sta pulendo un polveroso manuale di diritto privato, un docente universitario riesce ad evocare un genio.
“Chiarissimo, Professore, La ringrazio per avermi liberato! Per compensarLa, esaudirò un Suo desiderio”.
“Solo uno?” .
“Solo uno. C’è la crisi. E poi, ce lo chiede l’Europa” .
“Qualsiasi cosa?”.
“Si, ma tenga presente che farò avere il doppio di ciò che mi chiede
al suo più acerrimo rivale accademico”.
“Cavami un occhio”.
Mi piace molto la metafora del panino e della cultura. Il punto 2 secondo me è splendido. Puntare al miglioramento di se stessi ,ammirando chi (in questo momento) sta riuscendo più di noi, porta a sforzarsi, a spingere sull’acceleratore. Gli invidiosi, invece, si ritirano nel loro cantone.
Dai, ammiro tantissimo il fidanzato della Palmas, così magari ci arrivo anche io! :-)
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Di “quelli che ti offendono facendoti i complimenti” ne conosco alcuni che ammiro per la loro genialità: un ex collega, parlando di un altro collega che aveva sviluppato un software a cui doveva apportare delle modifiche: “no perché Mario è veramente bravissimo, tecnicamente inarrivabile, questo software è assolutamente perfetto…peccato che non funziona. Tocca rifarlo tutto” :-):-)
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l’invidioso manca di autostima .. è uno sfigato cronico…senza rimedio perché manco si sforza di migliorarsi.. li individuo con una parola e li elimino dalla mia vita, subito.anche perché lo sfigato porta sfiga :-) ciaooo
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Bello aver scoperto il tuo blog! Ciao,65Luna
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Grazie Luna. Sei la benvenuta!
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Mi ha colpito molto il passaggio sulla cultura come condivisione. Come bene comune. Utile e al servizio di tutti (almeno di chi vuole partecipare)
Purtroppo vivo una realta’diversa, ma invece di affossarmi definitivamente, cerchero’di prendere spunto per migliorarmi. Grazie
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Grazie a te, Elisa, sei la benvenuta.
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