Sono le 7.00 di mattina di un mercoledì qualsiasi. Sto guidando sulla Roma-L’Aquila. Piove. Più precisamente, diluvia. L’acqua è tutto ciò che riesco a vedere. Di solito, viaggio con il volume della musica così alto da non riuscire neanche a sentire i miei pensieri, ma oggi ho spento la radio per concentrarmi sulla guida. Nelle orecchie ho solo il rombo del motore, misto allo scrosciare impetuoso della pioggia. Le altre macchine sono sagome sfocate, macchie di colore che appaiono all’improvviso e poi scompaiono di nuovo, inghiottite dal nulla. Questo paesaggio gelido. Grigio. Non so perché, ma mi viene in mente il Presidente Mattarella che canta una messa in latino. Rabbrividisco.
Subito dopo Carsoli, mi trovo improvvisamente davanti un’utilitaria bianca che, con molta probabilità, è stata immatricolata quindici anni prima che iniziasse l’età della pietra. La macchina è appena emersa dalla pioggia e mantiene l’andatura ciondolante ed incerta di un orso ubriaco. Sono abbastanza vicino per notare che il guidatore ha un cappello. Più esattamente, egli indossa un borsalino nero. Immagino che lo abbia acquistato lo stesso giorno in cui ha comprato la macchina da Fred Flinstones. Senza ombra di dubbio, i guidatori con cappello sono tra i più pericolosi al mondo. Peraltro, egli ha appena messo la freccia a destra, pur trovandosi già sulla destra. Siamo in curva, ma non posso fare altro che spostarmi sulla corsia di sorpasso. Dico tra me e me: “OK. Norman. Vedi di non fare scherzi adesso”. Incrocio le dita, ed accelero.
Mentre lo supero, vengo colto da un moto di humor nero ed immagino il mio necrologio: “lascia due corsi di laurea, una scuola di specializzazione ed un master. Ne danno la notizia, inconsolabili, seimiladuecento followers su Facebook”. Rido come un cretino. Molta gente sostiene che una volta compiuti i quaranta anni sia normale fare un bilancio della propria vita. Se siete ancora giovani, vi consiglio di provare a guidare su di un’autostrada di montagna nel bel mezzo di un diluvio. Vi aiuterà a farvi qualche domanda. Oggi, per esempio, ho capito che la cosa più importante di tutte sono gli affetti. Intendo dire che per quanto io abbia lavorato duro negli ultimi anni, se dovessi avere un brutto incidente, di me resterebbe davvero poco. Per cui, datevi da fare con le condivisioni ed i retweet. Ché sotto i centomila followers, è come se non fossi mai esistito.
Il sorpasso è filato via liscio come l’olio. Per festeggiare, decido di fare una sosta all’autogrill. Dopo quindici anni di viaggi, è come se fossi a casa mia, sono diventato un “cliente abituale”. La differenza tra i clienti abituali ed i clienti occasionali è che i primi bevono un caffè – oppure, fanno colazione con cappuccino e cornetto – usano il bagno, salutano con sguardo complice il personale – che conoscono molto meglio dei vicini di casa – pagano ed escono. Gli occasionali, invece, sono posseduti da una micidiale trance consumistica e spendono metà dello stipendio in cianfrusaglie, concentrandosi, con indomabile appetito, sulla “Bottegaccia” dei prodotti regionali. Mentre sorseggio il mio caffè, noto un signore che ha appena comprato quindici chili di salumi ed un numero imprecisato di confezioni di “sassi dell’Aquila”. Deve essersi reso conto di aver esagerato e sta blaterando qualcosa a proposito di uno sconto. Sorrido al cassiere, che alza gli occhi al cielo scuotendo la testa, ed esco.
Diluvia. Ancora. Devo essere in ufficio entro le 9.00. Il programma di oggi prevede il CEV, il CCL, il CDD ed il CDF. In queste riunioni, parleremo soprattutto della SUA, del MIUR e della VQR. L’utilizzo del codice fiscale ci aiuterà a fare finta che stiamo facendo qualcosa di scientifico, o, almeno, di serio. La verità è che – al netto dei nostri peccati – non ci saremmo meritati questa riforma del sistema universitario neanche se fossimo stati noi ad organizzare “cene eleganti”, mentre il resto del Paese andava, molto più prosaicamente, a puttane. Il mio lavoro sarebbe quello di insegnare e fare ricerca. Se avessi voluto passare la vita a catalogare ed elaborare dati, sarei nato foglio di excel.
Mentre mi rimetto in viaggio, recito una delle preghiere più belle che conosco: Signore, dammi la forza per cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza per accettare le cose che non posso cambiare e, soprattutto, dammi la saggezza necessaria per distinguere le prime dalle seconde.
La mia invocazione, solitamente, è la seguente: “…Signore, dammi la pazienza, che se mi dai la forza…. Sono problemi per tutti”.
Dopo questo post però, rifletendoci bene, l’invocazione più giusta da fare è “Signore, dacci la forza, sennò qui non cambia niente…”
Complimenti Prof.
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Rimarrà di noi, l’amore che abbiamo regalato. E’ un bene soffermarsi ogni tanto a riflettere su quello che lasceremo. Siamo scaramantici e lo facciamo raramente. Grazie quindi agli “automobilisti col cappello”. ^_^
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Prof. buongiorno e buona domenica! Oggi sono riuscito a leggere “in tempo” il suo puntuale e favoloso articolo… anziché relegarlo al martedì.
Mi trovo d’accordo con le riflessioni, considerando che qualche decina di minuti fa stavo facendo esattamente pensieri simili… Solo che la strada era più breve, in cielo c’era il sole e con me, fino a quale minuto addietro c’era mio figlio, che ora è con sua madre. Gli affetti professore, ha detto benissimo, contano più di tutto il resto. Il mio pensiero è sempre: cerca di essere più di ciò che hai.
Ancora grazie per ti spunti di riflessione e buona domenica. :)
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