Miseria e Rancore

Una minorenne finisce in una comunità di accoglienza perché il padre abusa di lei. Nella comunità, incontra una “educatrice”, una donna che continua a violentarla, invitando a questi incontri anche il marito, e, successivamente, il suo amante. La costringono persino a drogarsi. Per fortuna, la ragazza trova il coraggio per denunciare i suo aguzzini.

Il giudizio di primo grado si svolge con una lentezza impressionante, ma almeno, alla fine, vengono condannati tutti e tre. Poi, il fascicolo si ferma. Inspiegabilmente. Il giudizio di secondo grado procede anch’esso con estrema lentezza, ma conferma le condanne.

Quando, dopo sedici anni, il processo arriva in Cassazione, i reati si sono ormai prescritti.

A parte la immensa pena che provo per la vittima, mi ferisce questa gestione barbara della giustizia.

La giustizia privata è una cosa incivile – va bene. La gogna pubblica, lo sdegno e l’odio che corre sui social mi fanno normalmente schifo. Tuttavia, ci sono situazioni in cui la famosa ondata dell’indignazione popolare può ottenere qualche risultato.

Quindi noi adesso pretendiamo di sapere perché si sono verificati questi ritardi ed eventualmente chi sono i responsabili. Vogliamo nomi e cognomi. Il Tribunale di Torino deve darci una risposta veloce, chiara e soprattutto precisa.

Perché tutto deve avere un limite.

Anche l’inettitudine.

Anche la miseria.

Autore: Guido Saraceni

Professore di Filosofia del Diritto e di Informatica Giuridica, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Teramo - In viaggio.

3 pensieri riguardo “Miseria e Rancore”

  1. E’ inammissibile una cosa del genere, anche perché è già successo che i tempi siano fatti allungare appositamente. I giudici o chi è responsabile dovrebbe dover giustificare il proprio operato e pagare in prima persona in questi casi!

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