La Nostra Insana Passione Per La Privacy

Atteniamoci ai dati di fatto: 1) le serie televisive più seguite degli ultimi anni – House of Cards, Breaking Bad e Dexter – raccontano la storia di un uomo che ha una doppia vita, insistendo sulle peripezie che il protagonista deve affrontare per tenere nascosti i suoi inconfessabili segreti a colleghi, parenti e amici; 2) su Facebook vengono continuamente diffuse bufale più o meno sensate e credibili circa il modo in cui dovremmo difendere i nostri dati personali dalla pervicace invadenza di Zuckerberg e dei suoi numerosissimi partner commerciali; 3) l’anno scorso tutti i siti europei sono stati costretti per legge ad avvisare i naviganti circa la presenza di cookies per la profilazione dei visitatori; 4) la Apple si è recentemente rifiutata di aiutare l’FBI – costringendo il Governo degli Stati Uniti d’America a chiedere aiuto agli hacker per sbloccare l’iPhone di un terrorista; 5) WhatsApp ha ancor più recentemente deciso di tranquillizzare i suoi utenti, informandoli del fatto che i messaggi che vengono scambiati tramite i suoi server sono perfettamente crittografati e che l’azienda non conserva una copia.

Insomma, non ci vuole un genio per capire che la privacy è il vero “tema caldo” di cui tutti parlano con estrema passione e interesse.

In base ad una recente statistica, sembra che nove internauti su dieci siano molto preoccupati per la tutela dei propri dati personali. Il decimo mente.

Tutto questo suggerisce alcune considerazioni di carattere pratico e filosofico.

1. “La mia vita è stata un’odissea”. Beati voi che avete tutte queste preoccupazioni, probabilmente vi sentite come i protagonisti di un film di 007. Avrete mille inconfessabili segreti da custodire e difendere… Per quanto mi riguarda, la bugia più grande che riesco a dire è: “non ho spicci” al venticinquesimo lavavetri che si arrampica sul cofano della macchina per sporcarmi di terra il parabrezza. Poi però mi pento e torno indietro per offrirgli un caffè. La mia vita è così tranquilla e prevedibile che nella vita precedente ero probabilmente me stesso.

2. “Il  mio computer mi spia”. Vorrei ribadire un semplice concetto: a giudicare da quello che si legge su Facebook, viviamo tutti una vita da sogno, fatta di grandi traguardi, citazioni poetiche, giudizi netti, idee chiare e vacanze mozzafiato. A giudicare da quello che si vede in giro, siamo fatti per il 90% di ansia, consumiamo più antidepressivi che pane e non riusciamo a decidere cosa comprare per pranzo senza aver prima consultato i parenti più stretti, l’intera cerchia degli amici, un rabbino e due cartomanti di scuole opposte. Per questo motivo, credo che al posto di chiedere il rispetto della privacy dovremmo promuovere una bella class action e pretendere che Facebook ci paghi i diritti d’autore. Come direbbe un grandissimo intellettuale del XXI secolo: “So’ soldi”.

3. “Benvenuti nel XXI secolo”. Il “rimedio” suggerito dalla legislazione europea sui cookies è una delle cose più stupide e inutili che abbia mai visto. Se ci pensate bene, il senso del famoso disclaimer a tutela della privacy è questo: consenti al sito che stai visitando di fare indagini commerciali sul tuo conto, oppure preferisci che internet regredisca allo stadio 56k? Quel messaggio non ha davvero nessun senso e salta fuori ovunque a sproposito – come Salvini. Se davvero vuoi tutelare la tua privacy, esci dai social, scordati il cellulare, dà fuoco al navigatore satellitare e non usare mai la carta di credito. Vedrai, gli Amish saranno entusiasti di avere un nuovo adepto. Alla fin fine, puoi tenerti anche la tua curatissima barba hipster.

Amish

4. “Telefoni e Mele”. Non è così facile capire “da che parte stanno i buoni”. Tendenzialmente saremmo portati a pensare che la sicurezza è molto più importante della privacy di un terrorista (morto). Ma la verità è che la posta in gioco è più elevata di quanto non potrebbe sembrare. Stiamo parlando di spionaggio industriale ed operazioni militari. Insomma, la chiave di un sistema crittografico altamente raffinato vale milioni di milioni di euro e potrebbe davvero cambiare il destino di intere nazioni. Peraltro, sembra che l’FBI si stia spingendo parecchio oltre il limite: adesso che hanno sbloccato l’Iphone, pretenderebbero anche di avere vite infinite a CandyCrush Saga.

5. “WhatsApp on WhatsApp?” Se l’intento era quello di tranquillizzare i vostri utenti allora avete fallito clamorosamente. Avreste dovuto scrivere qualcosa di comprensibile. Per l’Italiano medio l’espressione “un sistema crittografico end to end” risulta meno digeribile di un libro di Martin Heidegger sul senso originario della parola “senso”. Insomma, quando hanno letto quel messaggio, nove utenti su dieci hanno pensato: “Figo, adesso anche WhatsApp mi prende per il culo”.

Il decimo si è comportato come Samir.

Michele

Autore: Guido Saraceni

Professore di Filosofia del Diritto e di Informatica Giuridica, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Teramo - In viaggio.

9 pensieri riguardo “La Nostra Insana Passione Per La Privacy”

  1. gentilissimo Prof. Saraceni,
    leggo il suo blog con grande passione. trovo i suoi contributi informativi, concreti e divertenti. splendidi. ho vissuto molte tappe del famoso telelavoro.
    per quanto riguarda la privacy noto che sempre più genitori postano le foto dei propri figli. anche giornalisti e fotografi. ho conoscenti che lavorano nella sicurezza informatica che mi hanno sempre raccomandato di non farlo assolutamente. La verità probabilmente sta – come spesso – nel mezzo.
    un contributo sul suo blog su questo tema mi interesserebbe …

    cordiali saluti
    Ingeborg Miotti

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    1. Cara Ingeborg, ti ringrazio di cuore per la stima che mi dimostri con queste parole. In linea di massima, sono d’accordo con coloro i quali raccomandano di non condividere foto di minori. I rischi sono in realtà molti e molto poco percepiti. Grazie per lo spunto, forse un giorno ne farò un articolo. Un caro saluto e alla prossima.

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  2. Già, la privacy.
    Ogni giorno sento così tante “fesserie” (mi consenta l’uso di tale termine) sul tema, che ci sarebbe da scrivere un libro!
    Non posso attivare la localizzazione al telefono altrimenti mi possono “intercettare”, sai per la privacy.
    Non pubblico foto di me che non sto sorridendo perché altrimenti la gente vedo cosa faccio, meglio se sono in posa, sai è un discorso di privacy.
    Non pubblico foto con il mio bambino (anche se fatte in studio o durante il battesimo). Io ci tengo alla privacy del mio bambino. Poi c’è la foto del bimbo con la bottiglia di birra e 999 commenti sotto su quanto sia figo.
    Eppure, come sempre, basterebbe una sana lettura di tutte le informazioni presenti sul sito del Garante della Privacy per capire davvero da che parte ci si voglia schierare, in assoluto e “massimo” relax…
    Buona domenica professore e grazie, come sempre, per fornire interessanti e condivisibili punti di vista. ☺️

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  3. Sinceramente penso che si stia davvero esagerando, sinceramente non me ne sono fatta mai un problema, che spiino pure quanto vogliono, per quello che c’è da spiare si vede che non hanno proprio niente altro da fare ;)
    Buona domenica :)

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  4. Ciao Guido , leggo sempre con interesse le tue riflessioni che per me sono pillole di saggezza . Penso che per aver la privacy tutelata in era digital , basterebbe non avere uno smartphone , non avere profili sui vari social network , invece non riusciamo a farne a meno 😀 Ho letto i commenti sopra in merito alla pubblicazione delle foto dei figli . Su questo argomento ne avevo parlato nel mio blog . Io sono fotografa e ho pubblicato le foto della mia bambina sia nel blog e sui social . Sono fotografie artistiche . Se sei curioso di vederle ti lascio il link https://violetadyliopinionistapercaso2.wordpress.com/2016/03/21/i-have-a-dream/
    Buon inizio settimana 😊 Viola

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  5. L’utente medio di WA è decisamente molto limitato, altrimenti conoscerebbe di sicuro il sistema di crittografia end to end già presente sulla migliore applicazione di messaggistica del mercato, Telegram.

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