Un Fantastico Tesoro

C’era una volta un vecchio che viveva da solo, in una piccola casa, ai confini di un grande Impero. Non possedeva nulla, a parte un paio di vecchi sandali, una capra, l’artrite ed un sogno ricorrente. Tutte le notti sognava un uomo importante che lo invitava ad andare a scavare sotto le mura della Capitale. Perché lì, certamente, avrebbe trovato un fantastico tesoro.

Una fredda mattina di settembre, mentre stava scrutando l’orizzonte, il vecchio decise che non era più il caso di aspettare e che in fondo, non aveva davvero nulla da perdere. Si domandò come avesse fatto a vivere in quel luogo per tutti quegli anni e si mise in cammino, portando con sé tutto ciò che aveva: i sandali, la capra, l’artrite. Ed un sogno ricorrente.

Dopo venticinque giorni e venticinque notti di cammino, il vecchio arrivò finalmente davanti alle mura della città, legò la capra ad un palo e si mise a scavare.

Ma scavare sotto le mura della città era considerato un grave reato ed un atto sacrilego. Per queso motivo, fu prontamente prelevato dai gendarmi, e trascinato con forza davanti all’Imperatore: insindacabile ed unico giudice dell’Impero. Il vecchio si difese raccontando il suo sogno ricorrente.

Al che, l’Imperatore scoppiò in una fragorosa risata.

“Quanto siete ingenui e stupidi voi gente di campagna! Anche io, tutte le notti, sogno un vecchio che mi consiglia di andare a scavare sotto una palma che si trova accanto ad una casetta diroccata, nella periferia più estrema e povera di questo grande impero. Ma non sono così sciocco da lasciare le mie mille cariche ed i mie sconfinati possedimenti per dare retta ad uno stupido sogno!”.

Ordinò quindi alle guardie di dare al vecchio trenta frustate, di restituirgli la sua capra e di rimandarlo a casa – che nella Capitale c’era già troppa gente strana, e non avevano certo bisogno di un altro pazzo.

Il vecchio subì con dignità questa punizione, riprese la sua capretta ed affrontò il lungo viaggio di ritorno. Quando, dopo venticinque giorni e venticinque notti di cammino, arrivò finalmente a casa, si mise subito a scavare sotto l’unica palma del suo misero giardino.

Fu così che, con grande stupore, trovò un forziere colmo di pietre preziose e di lingotti d’oro.

Panorama

Questa storia ha molti significati, il primo ed il più interessante è sicuramente che solo un’altra persona può rivelarci dove si trova il nostro  fantastico tesoro. Tutti noi siamo sicuri di conoscere alla perfezione la nostra casa e la terra su cui viviamo. Più cresciamo più ci convinciamo di sapere benissimo cosa sappiamo e cosa non sappiamo fare, ci convinciamo di aver ben chiaro quale è il nostro posto nel mondo e che nulla possa più sorprenderci. Invece, il protagonista di questa storia  scopre di possedere una ricchezza che non immaginava di avere  grazie al confronto – ed allo scontro – con un altro uomo.

Ad essere precisi, il vecchio scopre dove si trova nascosto il tesoro che gli appartiene da sempre, a seguito del giudizio – e della dolorosa punizione – che gli viene inflitta da un altro essere umano. Questo deve farci riflettere su cosa accade quando ci illudiamo di avere doti che gli altri non hanno. Come quando, da bambini, pensiamo che diventeremmo grandi calciatori, poeti o astronauti. Spesso queste ambizioni naufragano a causa del confronto con gli altri. Ti illudi di essere il nuovo Maradona fino a quando non vai a fare un provino per una grande squadra, e scopri che esistono altri bambini che sanno fare con i piedi quello che tu non riesci a fare con le mani. Badate bene, non sto dicendo che dobbiamo rinunciare ai nostri sogni quando ci rendiamo conto di non essere portati per una qualche attività, ma che gli altri possono confermare o smentire certe idee che ci siamo fatti su noi stessi.

Il terzo ed ultimo aspetto di questa storia che vorrei brevemente commentare è proprio questo riferimento al sogno come principio guida delle azioni umane. Si usa dire che la mentalità degli europei è past driven – nel senso che la nostra cultura sarebbe fortemente influenzata dalla tradizione e dal passato -, mentre la mentalità degli asiatici sarebbe reality driven e la mentalità degli americani dream driven. Mi piace molto questa tassonomia. Credo che tutti dovremmo domandarci a quale di questi gruppi apparteniamo – a prescindere da ciò che dice il passaporto.

Tutti, almeno una volta nella vita, dovremmo fare come il vecchio protagonista di questa storia, provando ad essere radicalmente dream driven. Soprattutto se un sogno ci obbliga a mettere in gioco ciò che siamo stati e quello che abbiamo costruito, abbandonando la nostra umile dimora per inseguire, con la determinazione dei folli, un sogno ricorrente.

Ps: ho ascoltato per la prima volta la storia del fantastico tesoro una decina di anni fa, durante una splendida lezione di dottorato tenuta da Francesco D’Agostino. Successivamente, l’ho ritrovata in un libro  di Martin Buber. Qui ho proposto la mia versione. La trama non è originale, le parole e qualche piccolo dettaglio, si.

Autore: Guido Saraceni

Professore di Filosofia del Diritto e di Informatica Giuridica, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Teramo - In viaggio.

8 pensieri riguardo “Un Fantastico Tesoro”

  1. Ciao Guido
    Anche io ho già letto qualcosa di simile , tantissimi anni fa , in un libro di Coelho che chiama l’Alchimista .
    Il fatto di aver ricevuto questo ” messaggio ” proprio ora ( mentre stavo ripensando ad un mio sogno che portò nel cuore da moltissimi anni ) assume per me una risposta importantissima .
    Ringrazio Dio che ha fatto di te un suo “Messaggero” per la mia Vita.
    Namaste’
    Giovanna Isabella

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    1. Buongiorno Professore,
      bellissima la storia,molto simile a quello che mi e’ accaduto….Un suggerimento,se mi permette…e’ sbagliato dividere in gruppi prestabiliti.Sommariamente magari,ma ognuno ha un suo dna e ognuno fa un cammino di vita.L’essenza del tutto ,secondo me,e’ il tempo che uno ha a disposizione per acculturarsi e seguire le sue inclinazioni .Quasi nessuno fa il lavoro per cui e’ portato,la meritocrazia non esiste e i ruoli in tutti i settori sono invertiti.Chi ha sensibilita’ e capacita’ viene fagocitato dalla routine e dalla tv che appiattisce le menti e ci fa diventare quello che siamo oggi.Una realta’ virtuale e malata,dove si accumulano capitali non si sa bene per chi e per quale motivo. Adesso ,io non so se tutti hanno queste capacita’(per me si’ ..ognuno ha una sua valenza ,anche e soprattutto coloro che alla prima impressione risultano negativi).Avendo fatto esperienze in tutti i settori della societa’ ,dal piu’ alto al piu’ basso…le assicuro che umanita’ c’e’ in tutti gli strati,ma ormai le coscienze dormono e svegliarle non sara’ facile,perche’ tanti (la maggior parte)hanno paura di prendere in mano la propria vita….aspettano tutti qualcuno che dica cosa fare.Se uno si prendesse la briga di leggere riviste di 30 anni fa
      leggerebbe quasi le stesse cose di oggi.Per quanto riguarda i sogni di carriera delle persone..le assicuro che la maggior parte di quelli che hanno rimpianti non hanno tutti i torti,perche’ l’occasione ,forse non e’ mai capitata.Nel mio caso,da ragazzino mi sarebbe piaciuto giocare a calcio…ma senza farmene una malattia…in ogni campo si trova uno piu’ bravo di te..e allora uno che dovrebbe fare…se hai passione giochi anche con la squadra del quartiere e gratis.Riconoscere i propri limiti e’ una grande cosa ,reprimere le proprie capacita’ e’ un delitto.
      Spero di non averla annoiata
      un caro saluto
      Massimo Ottaviani

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      1. Caro Massimo,
        grazie per aver condiviso le tue riflessioni.
        La differenza tra europei, asiatici ed americani è solo una generalizzazione e vale nella misura in cui valgono tutte le generalizzazioni.
        Sono d’accordo con te che non dobbiamo dividere le persone in gruppi prestabiliti.
        Insegno da più di dieci anni ormai, ma lavoro da molto prima di entrare all’Università, sono sicuro che in tutti gli ambiti ci siano persone che non hanno mai avuto fortuna – o la semplice opportunità – di realizzare i propri sogni.
        Ma sarai d’accordo con me se dico che questa non è una buona ragione per smettere di lottare. In fondo, il successo è quel momento in cui opportunità e preparazione si incontrano.
        Sono certo che non sia giusto reprimere le proprie passioni,
        per questo nell’ultimo punto dell’articolo ho specificato che l’insegnamento più importante che possiamo ricavare da questa storia è che dobbiamo imparare ad inseguire i nostri sogni – per quanto folli ed assurdi possano sembrare.
        Buona domenica ed alla prossima
        G.

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    2. Grazie Giovanna,
      mi rende molto felice sapere che queste parole abbiano “fatto centro”.
      Ho la fortuna di dover studiare – per lavoro – e di poter condividere quello che “scopro” con molte persone.
      Ogni commento che ricevo mi arricchisce, e mi incoraggia ad andare avanti.
      Buona domenica ed alla prossima.
      G.

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  2. Il vero guaio , secondo il mio modesto parere, è quando si smette di sognare. Il guaio non è porsi il dubbio che ci siano ragazzini più bravi a calciare un pallone ma non provarci nemmeno. Nel post professore. Mi ha fatto riscoprire il piacere di leggere pensieri altrui. Grazie.

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