Nove persone su dieci amano il cioccolato.

1.Mille caffè
Riflettendo sulla condizione in cui versava la Francia dopo la seconda guerra mondiale, Charles de Gaulle si chiedeva come fosse possibile “governare un Paese che conosce 246 varietà di formaggio”. Mi domando cosa avrebbe detto degli italiani e della nostra smisurata passione per il caffè. A differenza degli altri europei, noi conosciamo milioni di modi per torturare un barista: ristretto, amaro, lungo, freddo, corretto, in vetro, marocchino, shakerato, schiumato, macchiato… what else?

Da un lato, credo che questa irresistibile voglia di caffè dipenda dal fatto che “la caffeina è un’arma di resurrezione di massa” (cit. saraturchina, Twitter). Dall’altro mi piace pensare che sia la più evidente prova del fatto che il cibo non è semplice nutrimento, ma piacere, cultura, immagine, ricerca, estetica. Ossessione.

BOMBE

Di fatti, esistono milioni di monografie, trattati e libercoli scritti sull’argomento, tanto che, se volessimo chiudere il discorso con uno slogan, potremmo affermare che “il cibo è la risposta”. Eppure, sembra che la nostra società sbagli continuamente domanda. Mangiamo troppo (e male) per combattere lo stress; per noia, per farci male; per guarire da incolmabili carenze affettive o premiarci alla fine di una giornata di duro lavoro. Mangiamo poco (e male) per punire noi stessi o le persone che ci vivono accanto, per chiedere aiuto, apparire eleganti o per illuderci che non stiamo invecchiando.

Insomma, non mangiamo (solo) per nutrirci, ma per raggiungere  altri e ben più complicati obiettivi. Forse per questo motivo, un filmaccio americano accomunava, sin dal titolo, cibo, preghiera ed amore – mentre un ben più saggio ed antico proverbio cinese recita: quando mangi un piatto che non hai mai assaggiato, allunghi la tua vita di sette giorni.

La cosa certa è che nell’epoca della spettacolarizzazione globale anche il cibo si è trasformato in immagine: i palinsesti televisivi abbondano di programmi culinari ed i social network sono letteralmente invasi da foto del cibo. Quest’ultima moda è stata battezzata  “food porn”, alludendo, con la giusta dose di sarcasmo, alla condizione di patologia mentale in cui si trova chi passa ore ed ore ad ammirare e catalogare un oggetto che non è stato fatto per essere guardato, ma per essere consumato. La riduzione ad immagine degli investimenti erotici ed affettivi rappresenta una caratteristica fondamentale dell’epoca in cui stiamo vivendo. Una di quelle innocue tendenze di cui ci siamo tutti ammalati e che con molta probabilità porterà alla fine della specie umana.

Voglio dire:  è certo è che una larga parte della nostra salute fisica e mentale dipende da cosa portiamo – o non portiamo –  alla bocca, ma è altrettanto chiaro che la società contemporanea chiede al cibo di recitare un ruolo sbagliato, camminando in equilibrio precario sul confine tra normalità e patologia. È come se il cibo venisse incaricato di “tenere un discorso che non gli compete e per il quale non dispone delle parole”. Per questo motivo, molte diete sono destinate a fallire, “in gioco non è la gola, ma l’insicurezza circa la propria esistenza che non ha trovato dove ancorarsi” (U. Galimberti).

2. Una pietra diventa pane
Il tema dell’ingordigia riveste un’importanza fondamentale all’interno della religione ebraica e cristiana. Non solo la Genesi lega il peccato originale e la conseguente cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre al fatto di aver mangiato una mela, ma sfogliando la Bibbia possiamo trovare molti ed altrettanto significativi esempi di ingordigia peccaminosa: Noè, incapace di smettere di bere, si mostra nudo ai suoi figli; Esaù cede la primogenitura a Giacobbe per un piatto di lenticchie; Lot, ebbro di vino, commette incesto con le sue figlie; la fede del popolo di Israele vacilla una volta conosciuta la fame nel deserto, mentre il Diavolo chiederà a Cristo di interrompere il digiuno trasformando una pietra in pane.  In tutti questi casi, i testi sacri utilizzano la metafora del cibo per alludere ad altri e ben più profondi significati. Per questo motivo, Enzo Bianchi ha scritto che l’ingordigia è la madre di tutti i vizi, chiarendo che “ogni patologia umana si innesta” su di un “bisogno primario per eccellenza: quello del nutrimento, della fruizione e del piacere”. In senso lato e metaforico,  potremmo dunque affermare che ogni vizio è, nella sua più intima essenza, un vizio di gola. Perché ogni vizio si alimenta della nostra insaziabile voracità: la lussuria è il frutto di una fame smisurata, esattamente come lo è la superbia, l’invidia o l’avarizia.

3. Dulcis in fundo
Concludiamo con una breve antologia di battute sul cibo.

Navigando su internet non è affatto difficile imbattersi nell’argomento “cibo”. Ancor di più, sembra che gli utenti dei social network abbiano un vero e proprio “chiodo fisso”, dato che fotografano pietanze, condividono (video)ricette e scherzano continuamente sulle proprie passioni e debolezze culinarie. Per esempio, qualche tempo fa era in voga questa freddura: “quali sono i tuoi fiori preferiti? I fiori di zucca. Fritti”; mentre oggi è diventata molto popolare “sto seguendo due diete. Perché con una si mangia poco” condivisa ed apprezzata almeno quanto “dopo la prima settimana di dieta ho iniziato a provare dei sentimenti anche per lo shampoo alla vaniglia”, ma, a mio avviso, la migliore di tutti i tempi resta: “se si fa in quattro per farti felice, è una pizza“.

A Roma, su un muro del quartiere S. Lorenzo, ho letto la bellissima: “salva una pianta, mangia un vegano“, mentre in ambito  letterario, vi segnalo il libro Non si finisce mai di impanare (Stefano Piazza, edizioni Edt) di cui ho apprezzato particolarmente la seguente citazione: “nove persone su dieci amano il cioccolato. La decima mente”.

Infine, “ricordatevi sempre che non si ingrassa tra Natale e Capodanno. Ma tra Capodanno e Natale” (anonimo).

Autore: Guido Saraceni

Professore di Filosofia del Diritto e di Informatica Giuridica, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Teramo - In viaggio.

11 pensieri riguardo “Nove persone su dieci amano il cioccolato.”

  1. Il cibo, e il peccato di gola, sono anche profondamente legati al senso di colpa, secondo me molto più dell’avarizia, ad esempio, o dell’invidia.
    E non parlo solo del senso di colpa immediato e individuale (tipo quando giri l’incarto del Twix e leggi le calorie), ma anche di quello collettivo di una società che sa di essere privilegiata per il semplice fatto di poter mangiare (vergognati, lasciare la roba nel piatto con tutti i bambini che muoiono di fame) e oltre tutto comincia a realizzare quanto questo privilegio coinvolga in gran misura la sofferenza di altre creature. Possiamo fare tutte le battute del mondo sui vegani, ma quanti di noi avrebbero il coraggio di visitare un macello?
    Ecco, mi piacerebbe un approfondimento filosofico sul tema.

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    1. Grazie per il commento Mara. Per quanto riguarda il senso di colpa, sono d’accordo con te. Per quanto riguarda invece i vegani, la mia era solo una battuta. Per ora non sono previsti approfondimenti, ma forse in futuro raccoglierò il tuo spunto. Buona domenica ed alla prossima

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  2. la luce che è stata sempre un simbolo positivo (a parte chi “porta la luce”) è in effetti diventata un modo per “impressionare” la pellicola della mente. L’immagine pervade tutto e tutto simula. L’immagine promette di sintetizzare il significato ma il significato copre. Se succede con il cibo può evocare ingordigia, con i corpi lussuria, con le carriere superbia o invidia. La grafia del porno distorce il significato delle cose perchè non consente di viverle il dove la luce non arriva, li dove le radici diventano pianta

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    1. Ciao Marco, grazie per il commento, la metafora finale mi sembra parecchio azzeccata perché stabilisce una sorta di equilibrio tra i due estremi: le piante hanno bisogno di luce per vivere, anche se la parte più profonda resta in ombra.

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  3. Salve. Mi è molto piaciuta la parte di dove si parla di FOOD PORN e vorrei dare un mio piccolo contributo (my five cents come si dice in ambiente FLOSS). Ormai da qualche tempo io parlo di pornizzazione dovuta all cosiddetto infotainment, intendendo che orami il pattern del porno è stato preso e utilizzato da TV (e non solo) con i soliti fini commerciali. Se si pensa al porno classico, si ha un vissuto del sesso di terze persone, ovvero si è “guardoni” . Io vedo una perfetta analogia, che chiamo pornografia emotiva o sentmentale, in certi programmi tipo “C’è posta x te” oppure “Uomini e Donne” o anche “Amici” (emmenomale che sono amici con le cose che si dicono…). Anche in questo caso si “guarda” la vita e non la si vive. L’ultima spiaggia sembra appunto data dai programmi sul cibo, dove, invece che godersi il piacere di sperimentare profumi e sapori, si “guarda” persone di varia provenienza darsi da fare ai fornelli per poi magari farsi giudicare e maltrattare da personaggi via via sempre più grevi. Insomma tramite questa estensione della pornografia si vive sempre meno. Bah !

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