La Mia Parte

Una antica favola africana racconta del giorno in cui scoppiò un grande incendio nella foresta.
Tutti gli animali abbandonarono le loro tane e scapparono spaventati.
Mentre se la dava letteralmente a gambe, il leone vide un colibrì che stava volando nella direzione sbagliata.
“Dove credi di andare?” – chiese il Re della Foresta – “c’è un incendio, dobbiamo scappare!”.
Il colibrì rispose: “Vado al lago, per raccogliere acqua da buttare acqua sull’incendio”.
Il leone domandò prontamente: “Sarai mica impazzito? Non crederai di poter spegnere un incendio gigantesco con quattro gocce d’acqua?”
Al che, il colibrì concluse: “Io faccio la mia parte”.

Forest 1

Credo che questa sia una delle storielle più istruttive che conosco, una di quelle favole che tutte le maestre dovrebbero raccontare e spiegare ai propri allievi. A prima vista, potrebbe sembrare un volantino del movimento cinque stelle, ma se leggiamo bene incontriamo molte suggestioni. Tutte interessanti. Da un lato c’è questo Leone/Schettino che, a fronte di un pericoloso incendio, dimostra di non avere troppo coraggio, scappando prima e più velocemente di tutti gli altri; dall’altro, un piccolo colibrì che, con il suo esempio, insegna agli altri animali che se tutti facessero la propria parte l’incendio sarebbe domato e la casa comune sarebbe salva.

Tutto questo mi fa venire in mente una frase di Madre Teresa di Calcutta che recita: “Quello che facciamo è soltanto una goccia nell’oceano, ma se non ci fosse quella goccia, all’oceano mancherebbe”; mi fa pensare ad un antico adagio cinese: “un viaggio di mille chilometri inizia con il primo passo”; infine, mi richiama alla mente un racconto di Stephen King che si conclude con queste parole: uccidere i vampiri è come smettere di bere, da qualche parte bisogna pure iniziare.

Le frasi che ho appena citato espongono concetti diversi, ma, a loro modo, collegati. L’insegnamento di Madre Teresa rappresenta un invito a riconsiderare l’importanza di tutto ciò che, apparentemente, è piccolo ed insignificante. L’oceano è fatto da miliardi di gocce, un libro di mille pagine si compone di singole parole, il caldo asfissiante di questi giorni da tanti gradi, messi uno accanto all’altro… Nella coscienza di tutti noi alberga un disfattista che, svalutando le piccole cose, ci suggerisce costantemente di prendere la strada sbagliata, affermando che non saranno questi venti euro di risparmio a fare la nostra ricchezza, che non sarà rinunciare a questa singola sigaretta a salvare la nostra salute, che evitare di buttare questa piccola carta per terra non renderà più pulita la città in cui viviamo, visto che comunque ci sono gli altri a sporcare – e poi salta fuori Gassman che, tweettando da un’altra nazione, ci invita a prendere la ramazza e ripulire… Si tratta di una voce che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito e seguito, ma non si tratta di una buona voce, credetemi.

Una battuta che piace tanto agli americani racconta che quando chiesero a Paperon de’ Paperoni come avesse fatto a mettere da parte la sua fortuna, il più ricco dei paperi rispose: un dollaro alla volta.

Dal canto suo, Lao Tse ci ricorda che l’inizio è sempre umile, piccolo, insignificante. Quante volte, a fronte di un qualsiasi progetto, ci siamo fermati prima ancora di iniziare, perché il punto di arrivo sembrava troppo grande, troppo complicato, impossibile da realizzare? In quei momenti dobbiamo ricordare a noi stessi la prima legge del samurai: se non sai da dove iniziare, inizia dagli angoli. Ovvero, inizia da ciò che è periferico, facile da controllare, ben definito. La cosa importante non è il risultato che otterrai dopo un’ora, un giorno, un mese di lavoro, la cosa importante è che concentrandoti su qualcosa di fattibile troverai la forza di iniziare. Quindi si tratta di imparare a scomporre, a dividere, ogni progetto in tanti piccoli obiettivi minori – gli psicologi la chiamano, la tecnica dei piccoli passi.  Come urlava un allenatore di palla a nuoto interpretato dal bravissimo Silvio Orlando, in un film di qualche anno fa, “un gol alla volta! Dobbiamo recuperare un gol alla volta!”.

Da ultimo, Stephen King. Il Re dell’orrore ha scritto molto di vampiri e sui vampiri. Con una certa lungimiranza, King sosteneva che gli adolescenti adorassero i vampiri almeno venti anni prima che le biblioteche di mezzo mondo iniziassero ad ospitare interi scaffali dedicati ai nipotini del conte Dracula. Ad avviso del Re, questa simpatia ha una motivazione sessuale sulla quale non intendo dilungarmi – per chi fosse interessato, il testo di riferimento è Danse Macabre, Theoria, Roma-Napoli 1992 -; quello che invece vorrei approfondire è il parallelismo che egli instaura tra lo smettere di bere – il liberarsi di un vizio – e l’uccidere una moltitudine di vampiri. Si tratta di una metafora felice perché, come saprete, un vampiro non può entrare in casa di un essere umano, a meno che non sia stato invitato.

Il fatto è che combattere contro qualcosa o qualcuno che ti succhia il sangue potrebbe apparire talmente arduo da toglierti la voglia di iniziare. In quei momenti di scoramento prova a ripensare al colibrì, a Madre Teresa ed a Lao Tse.

L’alternativa è arrendersi.
Non è mai stata una buona soluzione.

Autore: Guido Saraceni

Professore di Filosofia del Diritto e di Informatica Giuridica, Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Teramo - In viaggio.

8 pensieri riguardo “La Mia Parte”

  1. Condivisibile tutto quanto hai scritto, le citazioni di illustri personaggi che ci insegnano ad avere progettualità, tenacia, altruismo, ecc.
    Di questa attitudine, però, vedo anche il rovescio della medaglia, infatti, non sempre viene usata a fin di bene. Si pensi ad esempio a chi, sfruttando le quantità, riesce a frodare il prossimo o lo Stato: ogni centesimo che riesco a rubare all’altro è solo una goccia nel mare, ma pian pianino può diventare un secchio e…secchio più secchio, si arriva agli ettolitri.
    Questi sono i vampiri di cui dobbiamo avere paura.

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      1. Sì, certo, è una disposizione data da modelli educativi non solo famigliari, anche sociali. Quello che volevo far notare è che le forze del “male” sono sempre molto attente alla loro pedagogia, che dà anche risultati più concreti e immediati rispetto alla fatica del miglioramento personale e collettivo. Sono un’insegnante e so quanto ci si deve impegnare di fronte all’arrendevolezza, all’egocentrismo, alla paura di non farcela, ai facili condizionamenti esterni. E’ faticoso sì, ma speriamo bene. Sarà una delle gocce nel mare :)

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  2. Salve,
    condivido in pieno…solo una precisazione da rompiscatole: un libro e’ fatto di parole, si, un oceano da gocce, ok, ma il caldo non e’ fatto della somma dei gradi, la temperatura, ovvero l’energia interna di un corpo non e’ una grandezza sommabile. Esempio:
    se metto insieme due bottiglie da un litro di acqua otterro’ due litri di acqua;
    se accosto due mattoni a T=30 gradi C non otterro’ due mattoni a 60 gradi C ;-)

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    1. Ciao Luca, grazie per aver letto e per aver condiviso le tue riflessioni. Capisco cosa vuoi dire, ma permettimi di farti notare che il tuo esempio non è congruo con il significato del testo (anche io sono un rompiscatole :). Un caro saluto

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  3. Mi chiedo: … tutti gli incendi andrebbero fermati? Siamo sicuri che non possano essere una forma di evoluzione della Realtà verso nuovi equilibri che sembrano “negativi” solo a una parte della Realtà stessa, non in pieno contatto con il Tutto? By the way, forse mi sbaglio, ma credo che esistano certe varietà di pini le cui pigne si aprono solo alla temperatura di un incendio: l’albero muore, ma i semi si diffondono e danno origine a nuove piante.
    Potrebbe essere possibile e “appropriato” non fare nulla? Né scappare dall’incendio, né combatterlo? Godersi lo spettacolo… anche se ti uccide?
    In altre parole: devo considerare l’incendio (o il vampiro) come una specie di Male? E in questo caso… Male Assoluto o Relativo solo a me e al mio gruppo di esseri viventi? Gruppo che peraltro potrebbe essere, anche inconsapevolmente, il Male per qualcuno/qualcosa d’altro?
    Quante domande che mi faccio… se fossi il colibrì forse mi distrarrei a pensare cosa fare e andrei a sbattere contro un albero.
    Cordialmente

    Sem

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    1. Questa cosa che scrivi – con riguardo ai semi degli alberi che vanno a fuoco – l’ ho letta in un libro di Erri De Luca e l’ho trovata molto interessante. Meglio godersi le fiamme? Non saprei Sem… in linea di massima, mi piace l’idea che il bosco meriti di essere preservato… ma ogni cosa può essere interpretata in milioni di modi diversi. Grazie per aver condiviso le tue riflessioni ed alla prossima.

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